Granchio blu. Centinaio a EFA News: “Danni anche per agricoltura e turismo”
L’allarme del vicepresidente del Senato: risposte istituzionali non arrivano nei tempi adeguati
Se lo si acquista, si rischia di favorire i mercati tunisini e greci, ammonisce l’esponente della Lega
Problema o opportunità? Se si parla di granchio blu, Gian Marco Centinaio propende decisamente per la prima ipotesi. La Tunisia, ammette il vicepresidente del Senato, ha saputo trasformare la presenza del crostaceo alloctono in un business, tuttavia nel nostro sistema ittico mancano le condizioni per imitare il Paese nordafricano. Reduce da un confronto con i pescatori veneti, Centinaio ha espresso in esclusiva ad EFA News tutto il suo pessimismo intorno alla vicenda.
Senatore Centinaio: da più parti si parla della possibilità di trasformare il problema del granchio blu in opportunità. È veritiera questa ipotesi?
Purtroppo, credo che il problema superi di gran lunga le opportunità. Le acque dell’Alto Adriatico, in particolare, sono ormai invase da questi crostacei. Gli allevamenti di vongole e altri molluschi sono distrutti e adesso i granchi blu iniziano ad arrivare massicciamente sulle spiagge, quindi potrebbero creare problemi anche al turismo. Inoltre in alcune zone stanno compromettendo gli impianti idrici che servono l’agricoltura. Sinceramente non credo molto alla possibilità di creare una sorta di filiera italiana di questo prodotto, perché in questo momento nei nostri mari ne sono presenti dieci volte di più di quelli che plausibilmente potrebbero essere destinati alle nostre tavole.
La Tunisia sta esportando il prodotto, con buone prospettive di affari (a detta dei venditori): non c’è il rischio che - prima ancora che il mercato italiano si metta in moto - la concorrenza tunisina ci travolga?
È quello che sta già avvenendo, anche perché lì il problema si è presentato precedentemente, circa nove anni fa. Una parte dei granchi blu che gli italiani stanno comprando proviene proprio dalla Tunisia, un’altra ancora dalla Grecia. Quindi, mentre pensiamo di aiutare gli allevatori a distruggere questa presenza aliena, in realtà stiamo alimentando mercati stranieri. In Tunisia la pesca del granchio blu è diventata una risorsa, ha incrementato l’export del Paese. Potremmo anche provare a imitarli e qualche tentativo di esportazione dalle nostre regioni è già stato avviato. Ma dobbiamo mettere in conto una quantità di danni alla pesca e alle nostre coltivazioni tipiche, a partire da quella delle vongole, di gran lunga superiore ai possibili vantaggi. Non so se per noi il gioco valga la candela…
Lei ha avuto modo di confrontarsi con le categorie produttive: qual è stato l’esito?
Ho incontrato nei giorni scorsi gli allevatori di vongole veneti, che mi hanno spiegato quanto sia grave la situazione. Basti pensare che la distruzione prodotta dai granchi blu è tale che ormai si mangiano tra loro stessi, perché non trovano altri animali di cui cibarsi. La produzione per quest’anno è praticamente azzerata e bisogna agire molto in fretta per evitare che questa situazione drammatica duri a lungo. Anche il fermo applicato periodicamente alla pesca rischia di diventare inutile, perché il granchio ovviamente distrugge i pesci appena nati che i nostri pescatori vorrebbero preservare.
Il ministro Lollobrigida ha annunciato lo stanziamento di oltre 13 mln euro per lo smaltimento del granchio blu: ritiene saranno sufficienti? In caso contrario dove bisognerebbe agire?
Gli allevatori già lamentano danni per almeno 20 milioni di euro. Il governo ha stanziato finora 3,4 milioni, mentre altri 10 sono attesi con un decreto del ministero dell’Agricoltura. La situazione è così grave che la Regione Veneto ha dichiarato lo stato di calamità e ha chiesto due mesi fa al governo di proclamare lo stato di emergenza. C’è una grande consapevolezza del problema e la macchina dello Stato si è messa in moto, ma le risposte non stanno arrivando tutte nei tempi adeguati.
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