Legacoop, secondo quadrimestre in chiaroscuro
Il 71% delle coop registra una domanda invariata rispetto a un anno fa ma agroalimentare e industria restano in difficoltà
Le cooperative aderenti a Legacoop chiudono il secondo quadrimestre dell'anno con un segno positivo. Il 71% registra una domanda di prodotti/servizi invariata rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente mentre sul fronte dell'occupazione, il 69% si mantiene stabile. Si conferma, inoltre, il saldo positivo tra le imprese che hanno ampliato l'organico (21%) e quelle che l'hanno ridotto (10%). Sono questi, in sintesi, i punti principali dell'indagine congiunturale effettuata dall'Area Studi di Legacoop nazionale.
Le imprese che evidenziano un aumento della domanda (destagionalizzata) sono il 12%, il 2% in meno sulla precedente rilevazione, mentre il 17% ha riportato una contrazione. I dati sono sostanzialmente in linea con la precedente rilevazione anche se, per quanto riguarda la domanda dall'estero, tra le cooperative che effettuano esportazioni il 34% indica una diminuzione mentre solo il 6% ne rileva un aumento.
La rilevazione sulla domanda rispetto al quadrimestre precedente, sottolinea il report, si conferma in linea rispetto alla scorsa tornata, con il 14% delle cooperative che ne segnala un aumento e il 17% un calo. Tuttavia, a livello territoriale e settoriale emergono variazioni significative: le cooperative nel Sud "mostrano una netta crescita rispetto ad altre aree del Paese", mentre i settori abitativo e della cooperazione sociale registrano performance positive. "In controtendenza -aggiunge il report-, agroalimentare e industria restano in difficoltà, e le micro-cooperative risultano particolarmente colpite dal calo della domanda. Le grandi imprese, invece, riportano un saldo positivo del 9% tra constatazioni di aumento e di contrazione".
I settori che registrano i saldi positivi più elevati sono l'edilizia abitativa, le cooperative di consumatori e della distribuzione, quelle culturali e la cooperazione sociale; su scala dimensionale, le grandi cooperative. A livello di tendenza generale, il 38% delle cooperative prevede un consolidamento delle attività, il 30% una situazione di stabilità, il 10% un'espansione delle attività, il 9% la realizzazione di alleanze strategiche.
Riguardo alle prospettive per i prossimi mesi, i cooperatori restano scettici sull'evoluzione del contesto macroeconomico nazionale, con un saldo negativo di 22 punti percentuali tra i giudizi positivi che calano all'8% (-3%) e i giudizi negativi che salgono al 30% (+6%). Una tendenza che si riflette anche sulle aspettative relative alla domanda che, pur restando positivo il saldo tra previsioni ottimistiche e pessimistiche, registra un calo delle aspettative di crescita al 21% (-4%) e un aumento di quelle di contrazione al 16% (+5%).
"Le prospettive sugli investimenti per i prossimi mesi si confermano sostanzialmente allineate a quelle della precedente indagine -prosegue il report-: le imprese mantengono, nel complesso, una predisposizione positiva verso gli investimenti". Infatti, il 23% delle cooperative prevede un aumento degli investimenti nell'anno a venire, mentre il 16% ha pianificato una riduzione. "Si conferma una maggiore inclinazione agli investimenti nei settori delle cooperative sociali e del consumo/distribuzione a cui si aggiungono i comparti dell’abitazione e delle attività culturali, mentre è prevista una diminuzione degli investimenti nei settori dell’agroalimentare e delle costruzioni".
Sono nuovamente le cooperative del Nord a dichiarare una maggiore propensione verso gli investimenti nell'anno a venire così come riscontrato nella classe dimensionale delle grandi cooperative
"È finita la fase post-pandemica, e siamo tornati alla normalità -conferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop-. I dati che abbiamo sotto gli occhi certificano quello che annunciamo da mesi. Dopo il picco di crescita post pandemica, l'ultimo triennio è stato segnato da un costante rallentamento che per inerzia oggi ci conduce all'inversione di tendenza. Di fronte ai costi dell'energia e delle materie prime, all'inflazione, all'aumento insensato dei tassi di interesse, le nostre imprese hanno resistito grazie ad un perdurante livello della domanda che però, oggi, per la prima volta segna uno stop, per quanto lungamente annunciato".
"Pesano -aggiunge Gamberini- la perdita di competitività e il rallentamento dell'export legato alla crisi tedesca e all'incerto scenario geopolitico internazionale. Certo, ci sono settori che tengono -come i servizi alla persona, l'assistenza, la cultura e il turismo ma la flessione dell'industria, della manifattura e lo stop del settore costruzioni sono esiziali per una economia avanzata come è quella italiana. Di certo le politiche europee che si annunciano restrittive non paiono voler contribuire in questo senso: ma occorre discontinuità, occorrono politiche industriali per supportare le transizioni, occorrono investimenti per liberare le energie che il nostro paese ha mostrato di avere e di volere usare".
EFA News - European Food Agency