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Troppo caldo e poche piogge, agricoltura a rischio

Lo sottolinea l'Arpav nel suo ultimo Rapporto sulla risorsa idrica in Veneto

A dicembre è piovuto e in questi giorni il maltempo sta imperversando un po' su tutta Italia. Contrariamente a quanto si può pensare questa non è una brutta notizia, almeno non lo è a livello agricolo. Lo evidenzia l'Arpav, l'Agenzia regionale per la prevenzione protezione ambientale del Veneto, nel suo ultimo Rapporto sulla risorsa idrica in Veneto mettendo il dito sulla piaga dell'innalzamento delle temperature fuori stagione e delle scarse piogge. 

L'ultimo bollettino Arpav del 5 gennaio parlava di "35% in più di piogge rispetto alla media del periodo 1994-2021 nell’ultimo mese. Considerato l’anno idrologico 2022-2023 gli apporti risultano ancora inferiori alla media con un deficit del 28%". A proposito del rapido scioglimento delle nevi, il report annota che "nelle Dolomiti il mese di dicembre è stato uno dei dieci più miti degli ultimi trenta anni. Particolarmente calda, la terza decade del mese con ben più 4 gradi rispetto alla norma e terzo valore assoluto dopo il 2016 e il 2017". 

Il caldo eccezionale per la stagione si percepisce ovunque, sostiene l'Arpav: già si intravedono boccioli, gemme e fiori in anticipo di circa due mesi e questo è un fenomeno allarmante, soprattutto per il comparto agricolo, che rischia nuovi contraccolpi dovuti ai mutamenti climatici in atto. 

"La preoccupazione ci fa ricordare la primavera 2021 quando a inizio aprile arrivò una tremenda gelata che decimò la produzione di frutta estiva -sottolinea il presidente provinciale di Coldiretti Rovigo, Carlo Salvan-. L'altra preoccupazione è legata alle precipitazioni: è piovuto per qualche giorno, ma dopo mesi siccitosi. Nuova acqua e neve servirebbero per ripristinare le scorte idriche nei terreni, negli invasi, nei laghi, nei fiumi e per aiutare i ghiacciai che perdono ogni anno superficie e spessore. Servirebbe un inverno con precipitazioni ben superiori alla norma".

"Secondo una stima della Coldiretti, i danni provocati da siccità e maltempo hanno già superato 6 miliardi di Euro solo nel 2022 -aggiunge il presidente-. L'agricoltura è l'attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici. Se da un lato, come persone, ci fa molto più comodo risparmiare sui costi energetici e queste temperature non ci dispiacciono, come operatori agricoli siamo molto preoccupati".

"I dieci, dodici gradi costanti, uniti a questa umidità, stanno creando problemi, per esempio sulle lattughe che crescono prima -sottolinea l'agronomo Franco Tosini, responsabile del Centro Sperimentale Ortofloricolo Po di Tramontana-Rosolina (Rovigo)-. Ora c'è offerta massiccia e potrebbe non essercene a sufficienza a febbraio. La bizzarria di questo clima non permette più di spalmare la produzione. Ma non solo: subentrano anche problemi fitosanitari, perché la programmazione agricola è sballata". 

"Per la frutticoltura -prosegue Tosini-, se le temperature non si abbasseranno, avremo fioriture anticipate con il rischio di enormi danni in caso di gelate tardive che potrebbero bruciare i fiori. Quello che dobbiamo ancora capire è se queste problematiche perdureranno o diventeranno una costante: se così fosse dovremmo cambiare le date dei cicli di produzione e fare scelte che modificheranno le abitudini agroalimentari".

A livello pluviometrico, l'Arpav rimarca che a dicembre sono caduti mediamente in Veneto 109 millimetri di precipitazione, mentre la media del periodo 1994-2021 è 81 millimetri, quindi c'è stato il 35% in più. Tuttavia, se i massimi si sono toccati sulle Prealpi vicentine, con 223 millimetri a Recoaro, i minimi sono stati osservati al Passo Pordoi con 41, a Misurina con 45 e proprio in Polesine, con i 56 millimetri della stazione di Concadirame. 

In tutti i bacini idrografici ci sono stati surplus pluviometrici, addirittura più 90% sul Po, più 70% sul Fissero-Tartaro-Canal-Bianco e più 38% sull'Adige, ma considerando il periodo fra ottobre e dicembre, gli apporti risultano ancora inferiori alla media con un deficit del 28%. E al 31 dicembre, le portate dei maggiori fiumi veneti risultavano nuovamente in calo e ancora nettamente inferiori alle medie storiche, del 16% sull'Adige a Boara Pisani e del 44% sul Po a Pontelagoscuro a livello agro.

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