Allarme Fipe: più della metà dei bar fallisce entro cinque anni dall'apertura
Dati drammatici a Sigep 2023: circa 15mila esercizi hanno chiuso dal 2012 ad oggi
Non sono buone le notizie riguardanti i bar italiani. Secondo i dati riferiti dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) durante un dibattito a Sigep 2023, il numero delle imprese che svolgono attività di bar è diminuito di circa 15mila unità dal 2012 a oggi, mentre sono almeno 10mila quelle che ogni anno cessano l'attività. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni dei bar italiani, dunque, non arriva al 50%.
Secondo quanto sintetizzato durante la conferenza di oggi, i caffè e i bar hanno seguito passo passo l'evoluzione delle abitudini e dei costumi italiani negli ultimi due secoli e mezzo. Da luogo privilegiato per la colazione e per la pausa caffè di metà mattina a punto di riferimento, a partire dagli anni ’90, per il pranzo di mezzogiorno di milioni di lavoratori impiegati nell’economia terziaria. In seguito, essi sono diventati luogo di convivialità nella pausa serale dedicata all’aperitivo, spesso in alternativa alla tradizionale cena, con l'apericena.
Nel corso della tavola rotonda “Le sfide del bar del futuro: qualità, professionalità e innovazione”, promossa da FIPE nel corso dell'evento fieristico riminese, sono intervenuti: Matteo Musacci, vicepresidente Fipe-Confcommercio e titolare dell’Apelle Cocktail Bar; Marco Ranocchia, fondatore di PlanetOne; Igor Nuzzi, regional director Italia&Svizzera Lavazza; Francesco Santoro, head of e-commerce partnerships di Nexi; Paolo Staccoli, titolare dello Staccoli Caffè di Rimini; Matteo Figura, director Foodservice Italy, The NPD Group Inc.
Nel settore lavorano oltre 300mila persone con una diffusione territoriale di due imprese ogni mille abitanti (9 comuni su 10 hanno almeno un bar) e con apertura sette giorni su sette per una media di 14 ore giornaliere. Si registra in aumento la presenza di imprenditori stranieri, con particolare riguardo per la comunità cinese. Sono oltre 12mila (il 12,2% del totale) i bar gestiti da stranieri con punte che, in alcune regioni come la Lombardia, sfiorano il 20% o addirittura lo superano come in Veneto e in Emilia Romagna.
“Stanno in questi numeri - dichiara Musacci-, le difficoltà che attraversa il format bar, stretto nella morsa di una competizione sempre più sfrenata e di un modello di gestione che riesce a conciliare costi e ricavi solo attraverso enormi sacrifici personali di chi ci lavora, soprattutto se si tratta del titolare e dei suoi familiari. Tenere in piedi un’azienda che deve pagare stipendi, canoni di locazione esagerati e attualmente bollette fuori controllo, con caffè e cappuccini al prezzo di poco più di un euro sta diventando sempre più difficile".
"Se a questo aggiungiamo – prosegue il vicepresidente di Fipe – che anche muovere i listini per adeguarli all’inflazione è complicato, il rischio che i conti non tornino è evidente. Occorre ripensare il modello di business partendo dal presupposto che tenere aperto sette giorni su sette per oltre 14 ore al giorno non sempre è economicamente sostenibile. Ed aggiungo che non lo è anche guardando alla sfera personale di chi, come capita a molti di noi piccoli imprenditori, è costretto a garantire una presenza continua sacrificando vita personale e affetti”.
EFA News - European Food Agency