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Mutti (Centromarca): "Inflazione ormai insostenibile per le imprese"

Solo la metà delle industrie potrebbe assorbire il 50% degli aumenti dei costi operativi

Pandemia, aumento dei prezzi delle materie prime, strozzature delle catene di approvvigionamento globali, incremento dei costi finanziari. Infine, la guerra in Ucraina. Una "tempesta perfetta" da cui è scaturita "la più alta inflazione esogena da costi degli ultimi decenni e ne sono derivati pesanti extracosti che nei mesi scorsi non sono stati trasferiti a valle". Lo ha dichiarato oggi Francesco Mutti, presidente dell'associazione Centromarca, durante una conferenza stampa dedicata a valutare il clima sociale del paese, che ha visto anche gli interventi di Angelo Massaro (Iri) e Nando Pagnoncelli (Ipsos).

"È una dinamica assolutamente non paragonabile a quella degli Anni Settanta - ha aggiunto Mutti - quando non esisteva ancora il buying power della moderna distribuzione. La crescita dei prezzi - descritta e commentata a più riprese dai mezzi d'informazione - è il segnale che la situazione per le imprese non è più sostenibile".

I ricercatori ritengono a potenziale rischio il 18% del fatturato dell'industria del largo consumo, rispetto al 16% medio stimato per il manifatturiero nel suo complesso. Alti e bassi cicli di mercato, grande volatilità, tensioni sui beni energetici e politiche monetarie restrittive potrebbero pregiudicare la continuità nel medio termine di molte imprese.

"Ovviamente - ha sottolineato Mutti - i costi si trasferiscono a valle con tempi e intensità diverse, in relazione ai settori e alle differenti strutture dei costi e della marginalità. Tutto ciò in un contesto di basso potere d'acquisto delle famiglie di cui tutte le aziende sono pienamente consapevoli".

Secondo la società di consulenza Prometeia, le imprese produttrici dei beni di largo consumo confezionato, dell'alimentare in particolare, dovrebbero registrare le maggiori penalizzazioni, in ragione dell'incidenza dei costi per materie prime ed energia molto rilevanti soprattutto nelle fasi di trasformazione a monte. Per l'insieme del settore alimentare e bevande, per esempio, le materie prime incidono in media per il 63% del fatturato. All'interno dell'industria del largo consumo, stando alle stime, soltanto la metà delle aziende oggi sarebbe in grado di assorbire il 50% degli aumenti dei costi operativi senza portare in negativo la marginalità. Gli impatti sarebbero pesanti in termini di investimenti ed occupazione se si considera che l'industria del largo consumo pesa per il 17,3% sugli investimenti e per il 14% sui posti di lavoro del comparto manifatturiero. Se una tale stretta dovesse verificarsi, contribuirebbe ad aggravare di un ulteriore 0,8% la pressione sui consumi delle famiglie indotta dalla minore occupazione.

"Centromarca", ha auspicato infine Mutti, "era e resta ampiamente disponibile a discutere con il Governo, ad un stesso tavolo che coinvolga le aziende della moderna distribuzione, per ragionare su vie di sbocco percorribili a una situazione complessa che ha investito la filiera e il Paese".

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EFA News - European Food Agency
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