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CLARA MOSCHINI

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Monaco di Baviera lancia una mela avvelenata contro la Val Venosta

In uno studio l'Umweltinstitut München accusa i produttori dell'Alto Adige di uso ininterrotto di pesticidi vietati

È una specie di "mela avvelenata" quella lanciata dall’Umweltinstitut München, l'Istituto ambientale di Monaco di Baviera all'Alto Adige, meglio ancora alla Val Venosta. L'istituto bavarese accusa, di fatto, i produttori di mele in Alto Adige di avere utilizzato i pesticidi, dal 2017, in modo “ininterrotto per svariati mesi” e con “esposizione multipla” di diversi prodotti. 

L’Umweltinstitut ha analizzato i libretti di 681 aziende frutticole della Val Venosta, che operano su 3.124 ettari, più della metà degli oltre 5mila ettari destinati a meleti. Il dossier è composto di 97 pagine. Una banca dati unica, visto che a livello europeo non esiste trasparenza sull’uso dei pesticidi, da cui, secondo i ricercatori, emerge "l’impiego di principi attivi estremamente pericolosi, l’ininterrotto utilizzo di pesticidi per svariati mesi e l’esposizione multipla a più pesticidi, il cosiddetto effetto cocktail". 

La vicenda è stata ricostruita da un articolo sul fattoquotidiano.it. "Dall’inizio di marzo alla fine di settembre, in Val Venosta -dicono i ricercatori tedeschi-, non vi è stato un solo giorno di arresto alle irrorazioni. Nella stagione di coltivazione 2017 ogni meleto è stato trattato con principi attivi provenienti da chimica di sintesi in media 38 volte”. 

Secondo i ricercatori, su un totale di 83 principi attivi utilizzati, 17 erano già presenti nell’elenco ufficiale dei candidati a essere banditi dall’Ue nel 2017. “In Val Venosta hanno rappresentato il 13% di tutte le applicazioni fitosanitarie -dicono gli studiosi-. L’Etofenprox rientra tra le sostanze applicate con maggior frequenza ed è stata utilizzata dall’89% delle aziende. Il neonicotinoide Thiacloprid è stato utilizzato dal 65% di esse nonostante sia potenzialmente tossico per la riproduzione e verosimilmente possa provocare il cancro; infatti l’uso di questo principio attivo non è più consentito dalla Ue”. 

In realtà, questa ricerca, dicono dall'Alto Adige, sembra solo una ripicca contro il processo che si è concluso l'anno scorso a Bolzano con l’assoluzione di Karl Bär, all’epoca referente per l’agricoltura dell’Istituto ambientale di Monaco di Baviera. Accusato di diffamazione ai danni dell’agricoltura altoatesina a seguito delle querele presentate dall’assessore provinciale Arnold Schuler e da un migliaio di operatori del settore, aveva indotto la Procura di Bolzano a sequestrare i dati di utilizzo dei pesticidi degli agricoltori querelanti che, in quanto prove, erano entrate nella disponibilità della difesa. 

“Innanzitutto era stato concordato che avremmo discusso questi dati pubblicamente con l’Umweltinstitut, ma purtroppo non hanno rispettato l’impegno -sottolinea piccato l’assessore all’agricoltura della Provincia di Bolzano, Arnold Schuler, contestando lo studio anche a nome dei produttori-. Ancora una volta si dà l’impressione che non rispettiamo le regole e utilizziamo quantità eccessive di prodotti fitosanitari”. 

“So quali progressi ha fatto l’industria frutticola altoatesina, che in oltre 40 anni di produzione integrata ha usato con attenzione i pesticidi ed ha cercato alternative -aggiunge Schuler-. Nei frutteti non guardiamo solo a quanti parassiti ci sono, ma soprattutto a quanti insetti benefici ci sono e li favoriamo per ridurre al minimo l’uso di pesticidi". 

"Continuiamo a leggere che in Alto Adige si utilizzano grandi quantità di prodotti fitosanitari per ettaro, ma questo è un tipico esempio di come si può comunicare per mettere in cattiva luce l’industria frutticola altoatesina -prosegue l'assessore-. La quantità è relativa, perché ciò che conta è quali prodotti vengono utilizzati”. In Val Venosta i registri mostrano chiaramente che degli insetticidi utilizzati, il 90% è certificato come biologico e per i fungicidi è il 70 %”.

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EFA News - European Food Agency
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