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Sorpresa: l'allevamento è un argine al riscaldamento globale

Con le nuove metriche 49 milioni di tonnellate di CO2 in meno in dieci anni /Allegato

L’allevamento italiano contribuisce a combattere il riscaldamento globale e a mitigare il cambiamento climatico. Questo in sintesi l’esito del lavoro di un team di ricercatori italiani, che hanno ricalcolato le emissioni del settore zootecnico del nostro Paese usando una nuova metrica proposta da un gruppo di fisici dell’atmosfera di Oxford, e pubblicata su Nature.

“L’introduzione di queste nuove metriche dovuta al lavoro del pool dei fisici inglesi è destinata a cambiare il frame del dibattito sulla sostenibilità del sistema zootecnico”, ha commentato Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili, la no profit per il consumo consapevole e la produzione sostenibile di carni e salumi. Lo studio dei ricercatori di Oxford infatti ha preso in considerazione per la prima volta la differenza in termini di azione sul riscaldamento globale tra gli inquinanti climatici a vita breve, come il metano, e gli inquinanti climatici a vita lunga come l'anidride carbonica.

I ricercatori, infatti, hanno osservato che se un gas ad effetto serra permane in atmosfera poco tempo, il suo effetto sul riscaldamento globale è nullo se le emissioni restano costanti ogni anno, è negativo (cioè l'atmosfera si raffredda) se le emissioni diminuiscono, questo perché riducendosi la sua concentrazione si riduce anche il suo contributo all'effetto serra, ma è fortemente riscaldante se le emissioni aumentano in quanto questo tipo di gas ha un potere serrigeno di molto superiore alla CO2. Le nuove metriche, quindi, tengono conto di questa differenza e in particolare di quanto un gas permane in atmosfera, una differenza sostanziale se consideriamo che il metano dopo 50 anni è praticamente sparito, mentre l’anidride carbonica resta in atmosfera per oltre mille anni.

Il team di ricercatori italiani sulla base dei dati ufficiali pubblicati dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) dal 1990 al 2020, ha applicato queste nuove metriche alle emissioni di metano di tutte le filiere zootecniche italiane e hanno successivamente confrontato i risultati con quelli che si erano ottenuti usando le vecchie metriche. Quello che emerge non è solo una significativa riduzione delle emissioni, ma addirittura la negativizzazione dell’impronta ambientale. Se, infatti, guardiamo il contributo cumulativo totale della produzione zootecnica italiana al riscaldamento globale negli ultimi dieci anni – emissioni di metano e protossido di azoto - con l’applicazione delle nuove metriche questo diminuisce fino a negativizzarsi: da +206 milioni di tonnellate di CO2 equivalente calcolate con il vecchio metodo di potenziale di riscaldamento globale a - 49 milioni di tonnellate stimate con le nuove metriche.

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EFA News - European Food Agency
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