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CLARA MOSCHINI

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No degli allevatori europei alla direttiva Ue "ammazza stalle"

La nuova normativa "equipara gli allevamenti alle fabbriche spingendoli alla chiusura"

Gli agricoltori europei dicono no alla Direttiva "ammazza stalle" che equipara gli allevamenti alle fabbriche spingendoli alla chiusura. L'allarme è lanciato in una lettera aperta firmata dalle principali organizzazioni agricole europee e indirizzata ai ministri competenti in vista della discussione al Consiglio Ambiente dell’Ue di oggi che ha a oggetto la proposta della Commissione di revisione della Direttiva sulle emissioni industriali (Ied). 

Le organizzazioni agricole firmatarie oltre all’Italia (Coldiretti), sono quelle di Belgio (Fwa), Repubblica Ceca (Akcr e Zscr), Germania (Dbv), Francia (Fnsea), Polonia (Fbzpr), Portogallo (Cap), Slovacchia (Sppk) e Spagna (Asaja). Tutte ritengono la formulazione della proposta "del tutto inadeguata e inaccettabile rispetto alla realtà produttiva europea".

"Se non adeguatamente contrastata, questa proposta -scrivono le organizzazioni- potrebbe portare a una dirompente riduzione dei redditi dei nostri allevatori o, potenzialmente, alla chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione. Ciò andrebbe contro i recenti sviluppi politici dell’Ue in materia di reciprocità nel commercio internazionale, aumentando il divario tra la stessa Unione e i partner commerciali".

Infatti, sostengono le organizzazioni europee, "equiparare gli allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali, appare ingiusto e fuorviante rispetto al ruolo che essi svolgono nell’equilibrio ambientale e nella sicurezza alimentare in Europa. Soprattutto -prosegue la missiva-, è il risultato di una valutazione d’impatto basata su dati imprecisi e vecchi, e di un approccio ideologico che va stigmatizzato, anche perché potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente, riducendo le aree a pascolo con perdita di biodiversità e paesaggi, minaccia alla vitalità delle aree rurali e altro ancora".

"L’unica opzione possibile -sostengono le organizzazioni agricole nella lettera- è quella di mantenere l’attuale quadro normativo con l’eliminazione del settore bovino dallo scopo della direttiva e il ripristino delle attuali soglie stabilite per il settore avicolo (a partire da 40.000 capi) e suinicolo (suini da produzione di peso superiore a 30 kg: a partire da 2.000 capi; scrofe: a partire da 750 capi)". 

"Questa soluzione -aggiungono nella missiva-andrebbe a riconoscere gli sforzi che gli allevatori stanno compiendo per aumentare la sostenibilità delle loro aziende che, su scala globale, sono già quelle che registrano le migliori performance in termini di impatto ambientale e mitigazione dei cambiamenti climatici. I progressi raggiunti non devono essere vanificati e fermati. Infine, riteniamo che accelerare il processo verso una posizione comune in Consiglio non sia coerente con le tempistiche che stanno emergendo nelle discussioni interne al Parlamento europeo".

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EFA News - European Food Agency
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