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Cina, ma quanto siamo bravi a coltivare...

Il rappresentante di Pechino presso il Wfp tesse le lodi del sistema alimentare del Paese

La Cina accoglie il 20% della popolazione globale e, al tempo stesso, detiene “soltanto” il 9% delle superfici coltivabili. Uno squilibrio piuttosto vistoso ma il governo di Xi Jinping è ben consapevole del problema e ha già un piano ben strutturato per affrontarlo. Il tema è stato affrontato in un’intervista a China Global Television Network da Qu Sixi, il rappresentante cinese presso il Programma Alimentare Mondiale (Wfp).

Ricordando che il presidente Xi ha dato “priorità all’agricoltura” nella sua azione amministrativa, Qu ha detto: “Il successo della Cina nel nutrire i suoi 1,4 miliardi di abitanti è davvero un miracolo” ma è “anche un contributo significativo per il mondo intero in termini di sicurezza alimentare”. Secondo il rappresentante presso il Wfp, l’esperienza cinese in campo agricolo “è diventata un fulgido esempio per i paesi che cercano di replicare questo tipo di successo”.

In che termini, tuttavia, si declina tale straordinario exploit della Cina? In primo luogo su un’“autosufficienza basata sulla produzione domestica di grano” ma anche su una “capacità di produzione alimentare garantita”, su “importazioni moderate” e sul “supporto tecnologico”.

Inoltre, la Cina ha una “vasta esperienza nella riduzione della povertà”, avendo messo in campo programmi potenzialmente condivisibili con gli “altri Paesi in via di sviluppo”. Qu cita, in modo particolare, un’“innovazione nutrizionale prescolare” a beneficio dei bambini provenienti da famiglie “a basso reddito”. Il governo sta anche sperimentando “iniziative di sostegno ai piccoli agricoltori rafforzando la loro capacità di sviluppo della catena del valore e la capacità di resilienza”.

Il rappresentante presso il Wfp sottolinea anche come, negli ultimi quarant’anni, la Cina sia passata da essere un “beneficiario di aiuti alimentari” a “donatore sempre più significativo del programma di aiuti globali del Wfp”.

Proprio in Cina, in passato, il Programma Alimentare Mondiale – sottolinea Qu – il Wfp ha messo in campo una settantina di progetti di assistenza su larga, contribuendo allo sviluppo rurale e agricolo del grande Paese asiatico. “Questi progetti hanno un discreto successo dal punto di vista ecologico, economico e sociale e forniscono buoni riferimenti ed esempi per altri paesi in via di sviluppo”.

Oggi, a sua volta, la Cina sta promuovendo “la condivisione reciproca sulla sicurezza alimentare e il miglioramento della nutrizione attraverso dialoghi politici, tecniche corsi di formazione e dimostrazioni sul campo, coinvolgendo oltre 90 paesi in Africa, Asia e America Latina”.

Per rispondere alle attuali crisi alimentari – scaturite negli ultimi anni dalle sequenziali crisi della pandemia, dalle guerre, degli shock energetici, dei rincari delle materie prime e dagli eventi meteorologici estremi, che hanno portato almeno “43 milioni di persone a un passo dalla pandemia – sarebbe necessario “uno sforzo multilaterale coordinato tra governi, istituzioni, settore privato e società civile per amplificare i nostri sforzi e mobilitare le risorse necessarie per costruire la resilienza e garantire sistemi alimentari sostenibili”, conclude Qu.

Un modo come un altro per dire – anche alla luce di tutta l’intervista – che sarà impossibile affrontare le crisi alimentari nel pianeta senza l’aiuto della Cina. Dove finisce la realtà e dove inizia la propaganda, è difficile dirlo. Di certo, le parole del rappresentante di Pechino al Wfp non sono da prendere sottogamba.

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EFA News - European Food Agency
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