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Uber Eats da domani chiude con l'Italia: lavoratori in piazza

Il delivery abbandona il Paese lasciando a piedi 3.000 rider che oggi protestano in 10 città

Uber Eats ha annunciato tre settimane fa la chiusura delle sue attività in Italia perché, dicono dall'azienda, "non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo" (vedi EFA News). Il provvedimentoi ha vigore a partire da domani, 15 luglio, ma i lavoratori italiani lasciati a casa improvvisamente nei giorni scorsi hanno deciso di scenedere in piazza oggi per protestare contro la decisione.

A lanciare la protesta è Nidil Cgil, che scrive in una nota: "Uber Eats lascia l'Italia senza preoccuparsi del destino di circa 3.000 rider. Tutti a casa senza prospettive e senza ammortizzatori sociali, visto che erano impiegati come collaboratori autonomi occasionali e partite Iva". 

"La piattaforma internazionale di food delivery, all’improvviso, pochi giorni fa (a metà giugno) -scrive il sindacato in una nota ufficiale- ha comunicato la cessazione delle attività di consegna del cibo con la conseguente chiusura di Uber Eats Italia a far data dal 15 luglio 2023. Le ricadute di natura occupazionale sono enormi, riguardano circa 3.000 persone, tra lavoratrici e lavoratori qualificati come dipendenti (49) e chi opera con collaborazioni autonome occasionali e partite Iva". 

"Nonostante i formali solleciti delle organizzazioni sindacali -prosegue la nota-, l’azienda si è rifiutata di aprire un unico tavolo di confronto ai sensi delle procedure sulla delocalizzazione e sui licenziamenti collettivi per il complesso delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati nel servizio di consegna del cibo a domicilio". 

Il sindacato, ha dunque deciso di proclamare per oggi una giornata di mobilitazione nazionale in 10 città italiane: Roma, Milano, Firenze, Torino, Reggio Calabria, Perugia, Napoli, Caserta, Padova, Trieste, Bari. "Il comportamento di Uber Eats è inaccettabile -spiega Roberta Turi, segretaria nazionale Nidil Cgil-. Le piattaforme e le multinazionali non possono considerare il nostro territorio e la nostra forza lavoro usa e getta, senza nessuna responsabilità sociale. La nostra è una battaglia per i diritti di tutti i lavoratori delle piattaforme, contro i bassi salari che non permettono alle persone di vivere, anche se lavorano; affinché non esistano più forme di cottimo legalizzato, ma tutto il tempo di lavoro venga retribuito. Chiediamo più tutele e più sicurezza: i rider non sono lavoratori di serie B".

Uber Eats è, tra le sigle di Assodelivery, l'associazione che ha siglato il "contratto dei rider" con il sindacato Ugl, accusato dai confederali di "pirateria" e messo all'indice in numerose aule di tribunale come una scappatoia per non riconoscere ai fattorini le tutele della subordinazione. 

In settimana, la multinazionale aveva incontrato Felsa-Cisl Nazionale, Felsa-CISL Milano, Uiltucs-UIL Nazionale, UILTemp Nazionale e in parallelo UGL riders, “con l'obiettivo di garantire supporto ai corrieri partner che hanno utilizzato l'applicazione Uber Eats per accedere alle opportunità offerte dal mercato del food delivery. Abbiamo in programma un nuovo incontro con le sopra citate sigle sindacali all'inizio della prossima settimana per trovare soluzioni concrete in supporto dei corrieri", aveva comunicato l'azienda. 

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EFA News - European Food Agency
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