Pictet, ovvero come ti creo la bolla finanziaria sui nuovi cibi
L'agricoltura? Un flagello per l'umanità. Alternative? Mangiare batteri
Uno dei maggiori investitori al mondo si affida alle provocatorie tesi di un giornalista per difendere i finanziamenti al cibo da laboratorio.
“Le persone sostengono che il problema sia l’agricoltura intensiva, ma la verità è che il problema non è l’aggettivo associato ad ‘agricoltura’, ma l’agricoltura stessa. È una verità difficile e scomoda da riconoscere, ma l’agricoltura è di gran lunga più nociva per il pianeta di qualsiasi altra industria”. Parola di qualche scienziato o di qualche autorevole organismo internazionale? No, autore di questa sconcertante e provocatoria affermazione è un giornalista inglese, saggista e attivista ambientale, George Monbiot. Di se stesso dice di essersi pentito di andare all'università perchè "quella cultura non mi si addiceva e quando cercavo di farla mia mi cadevano le braccia, a volte in uno stato di torpore da ubriaco. Le vacanze mi sono piaciute di più: ho lavorato nelle fattorie e come guardiano dell'acqua sul fiume Kennet. Ho passato gran parte degli ultimi due anni a pianificare la mia fuga. C’era un solo lavoro che volevo, e ancora non esisteva: realizzare programmi investigativi sull’ambiente per la BBC". Insomma, un Mario Tozzi in salsa inglese, senza peraltro i titoli accademici dell'attivista nostrano.
Perchè citiamo questo signore? Ce ne occupiamo perchè le sue provocazioni hanno offerto sorprendentemente lo spunto per uno studio di della svizzera Pictet (il cui ufficio stampa nella traduzione italiana ne ha storpiato il nome in Monibot...), ossia uno dei più importanti e autorevoli gestori finanziari al mondo, con una storia di 213 anni, e 637 miliardi di euro di masse gestite per conto dei maggiori fondi pensione, fondi sovrani e istituti finanziari a livello mondiale.
L'articolo diffuso da Pictet, a cura di Mayssa Al Midani, Senior Investment Manager e gestore del fondo Pictet – Nutrition di Pictet Asset Management, è intitolato esattamente come uno dei libri di Monbiot, "Alimentare il mondo senza divorare il pianeta".
Folgorata da una conferenza tenuta dal giornalista, la manager di Pictet ricorda che "l'industria globale alimentare sta vivendo una rapida trasformazione. I problemi di approvvigionamento registrati dopo la pandemia e con lo scoppio della guerra lungo le catene produttive hanno messo in luce non solo la precarietà di una rete di fornitura ‘attaccabile’ e poco sicura, ma anche i costi ambientali e sanitari associati alla produzione intensiva e al consumo di carne".
E qui entra in scena Monbiot, con la sua visione massimalista: "L’agricoltura moderna, spiega l'attivista ambientale ed editorialista del Guardian, ha inflitto una “dispersione agricola” al mondo naturale, diventando una delle principali cause di deforestazione, perdita di biodiversità, inquinamento e crisi climatica. Ogni ettaro che occupiamo per i nostri scopi, è un ettaro che togliamo agli ecosistemi naturali. Sebbene sia fondamentale per fornire nutrimento alla popolazione mondiale (sic), l’agricoltura e lo sfruttamento della terra hanno un’impronta ambientale elevatissima a causa delle emissioni di gas serra e dello sfruttamento delle acque e del suolo".
Ovviamente Monbiot precisa "che la fetta di responsabilità maggiore si deve all’industria casearia e della carne. Tutti noi potremmo nutrirci di carne allevata al pascolo se avessimo 12 pianeti a disposizione e nessuno spazio destinato agli ecosistemi selvatici. La carne allevata al pascolo è di gran lunga la principale ragione per questa espansione incontrollata”.
A porre rimedio a tanto sfacelo ci pensa Pictet Asset Management, la quale "ricerca e seleziona aziende capaci di affrontare i problemi ambientali e sociali legati agli attuali sistemi alimentari, integrando la tecnologia nei processi produttivi e impegnandosi nella creazione di una nuova generazione di cibo, incentrata sul rispetto dell’ambiente, la riduzione degli sprechi, la prevenzione della salute delle persone e la sicurezza alimentare e delle catene produttive".
Il problema però, spiega Mayssa Al Midani, e che la gente non vuole "rinunciare a sapori tradizionali come quelli di uova e pancetta". E allora come si fa? Semplice: "Questo è possibile utilizzando i batteri, ovvero, sfruttando una tecnologia chiamata fermentazione di precisione. Proprio come avviene nella produzione della birra, questo tipo di fermentazione usa microbi di origine naturale che si moltiplicano e, così facendo, creano alimenti specifici. Con l’aiuto della biologia sintetica, l’ingegneria e la tecnologia informatica, questa tecnica programma i microbi per fargli produrre proteine senza derivazione animale o vegetale con lo stesso profilo di macronutrienti di soia, carne e uova".
Uova di Colombo, aggiungiamo noi all'entusiastica visione della manager di Pictet. La quale fornisce anche esempi concreti.
"Un esempio di nuovo alimento sintetico - sostiene Al Midani, citando ancora "l'esperto" Monbiot - è il pancake di farina di batteri testato in un laboratorio di Helsinki, composto da una “gustosa” farina gialla, chiamata Soleina, ricavata usando microbi derivanti dall’aria che crescono con una dieta a base di CO2, idrogeno e ossigeno a loro volta catturati direttamente dall’aria. Una volta terminata la fermentazione, vengono fatti seccare per produrre la farina. La fermentazione di precisone impiega molta meno terra, carbone, acqua e fertilizzante dei metodi tradizionali di produzione del cibo. Richiede 1.700 volte meno terra dei mezzi di agricoltura tradizionali più efficienti per produrre proteine e 138.000 volte meno terra per la produzione di carne".
Chiaramente, "poiché questo processo è realizzato interamente in laboratorio, evita inoltre che acque e sostanze chimiche vengano riversate nel mondo naturale, limitando gli sprechi".
A questo Al Midani ci dà anche una notizia, che i vari produttori di sostitutivi veg si sono ben guardati da diffondere ai consumatori: "Questa tecnica è già usata per produrre un’ampia gamma di cibi proteici senza carne (hamburger vegetali, bastoncini di pesce senza pesce e “nuggets” senza pollo), molti dei quali hanno già trovato spazio sugli scaffali dei supermercati, sui menù dei ristoranti e nella scelta dei fast food".
In conclusione, "molti produttori di cibo “plant-based”, inoltre, hanno raccolto centinaia di milioni di finanziamenti negli ultimi anni per promuovere un’alimentazione più sana ed equa, una missione nella quale Pictet crede fermamente".
A questo punto, sulla base di questi importanti valori proclamati, chiediamo a Pictet di rendere pubblici i nomi di queste aziende dove hanno investito milioni di dollari a loro affidati da investitori inconsapevoli. E chiediamo anche che come importante sostenitore di queste aziende, si impegni a far trasferire nelle etichette dei prodotti sostitutivi della carne le informazioni ai consumatori VERE su come sono fatti questi prodotti e su cosa c'è dentro.
EFA News - European Food Agency