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Granchio blu /2. Si prova (con difficoltà) a renderlo popolare

A Genova l'animale marino del momento è diventato uno "street food". A Torino c'è poca richiesta

La difficoltà più grande è nel mantenere il crostaceo vivo fino al momento della bollitura.

Si cerca di fare necessità virtù. La parola d'ordine, in queste settimane, è distruggerlo o quantomeno mangiarlo. A detta di chi ha assaggiato il granchio blu, la sua polpa è assai pregiata e gustosa. Lo stesso ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ne ha incoraggiato il consumo e la vendita (leggi notizia EFA News), così come aveva fatto, nei giorni scorsi, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia (leggi notizia EFA News). Cosicché, pescatori e rivenditori cercano, con alterna fortuna, di trasformare un problema in un'opportunità.

In Liguria, ad esempio, dove pure la presenza del crostaceo è notevolmente inferiore al Nord dell'Adriatico, l'amministrazione regionale intende avviare un progetto per il contenimento e la pesca selettiva. Difficile, però, prevedere le reali conseguenze della diffusione della specie. A Genova è diventato uno "street food" e i pescivendoli ne parlano come di un prodotto pregiato. Nel capoluogo ligure, quasi tutti i granchi arrivano dal Delta del Po, quindi dall'area più infestata.

Una Regione che, per ovvi motivi, non potrà mai essere infestata dal granchio blu è il Piemonte. A Torino, i rivenditori del mercato di Porta Palazzo dicono che "va a ruba". Il suo prezzo è di circa 7-8 euro al kg, tuttavia, gli acquirenti non sembrano mostrare troppo interesse per il nuovo prodotto, di cui la maggior parte delle persone ignora la commercializzazione. Sette pescherie su dieci hanno scelto di non venderlo. La principale difficoltà sta nel fatto che, come l'aragosta o gli astici, i granchi vanno mantenuti vivi fino alla bollitura. Servono quindi acquari appositi. Chi invece lo serve da sempre sono i ristoranti cinesi. Avrà fortuna culinaria? Ai posteri l'ardua sentenza.

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EFA News - European Food Agency
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