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Ismea: inflazione alimentare italiana (+8,1%) cresce meno dell'Ue (+10,2%)

Meglio di noi ha fatto la Francia che ha contenuto l'incremento dei prezzi al 6% /Allegato

Nonostante la svolta restrittiva delle politiche monetarie delle banche centrali e la dinamica salariale moderata, l’inflazione in Italia rimane elevata (+5,3% su settembre 2022 secondo le stime preliminari dell’Istat, in lieve flessione su base mensile) ed emergono segnali di difficoltà del sistema economico, in uno scenario geopolitico dove si moltiplicano i fattori di instabilità e incertezza.

L’agroalimentare è stato tra i settori più colpiti e uno dei principali centri di trasmissione degli aumenti dei prezzi in Italia, a causa del suo ruolo nell’economia e della sua dipendenza dall’estero per prodotti energetici, materie prime e beni intermedi che lo rendono particolarmente vulnerabile alle tensioni su mercati internazionali. Ciononostante, la dinamica dei prezzi dei prodotti alimentari è risultata inferiore a quella media registrata nell’Unione Europea e in Germania e Spagna.

Sono alcune delle evidenze del Rapporto Ismea sull’agroalimentare italiano, presentato nel pomeriggio a Palazzo Merulana, alla presenza del ministro dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida e che ha visto confrontarsi sui temi dell’inflazione, dei rapporti nella filiera e della competitività internazionale esperti, esponenti della comunità scientifica e presidenti delle principali sigle associative dell’intera filiera, dalla parte agricola alla trasformazione industriale alla distribuzione e del Commercio estero.

Più nel dettaglio nel 2022, il contributo dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari all’inflazione è stato significativo. La crescita media dei prezzi (misurata dall’indice Istat per i prodotti alimentari, bevande e tabacco, armonizzato per i confronti europei) ha raggiunto l’8,1%, ma è stata più contenuta di quella media dell’Ue (10,2%) e dell’Eurozona (9%). Meglio di noi ha fatto la Francia, che grazie al suo maggior grado di autosufficienza, alimentare ed energetica, ha subito di meno gli aumenti dei prezzi internazionali ed è riuscita a contenere gli incrementi degli alimentari a un +6%.

Diverso il caso delle utenze domestiche, che in Italia sono cresciute nel 2022 di oltre il 35%, quasi il doppio della media Ue (+18%), due volte quelle della Germania e più del triplo della Francia. Nella prima metà del 2023, nonostante il raffreddamento dei listini internazionali dell’energia e delle materie prime, l’inflazione per i prodotti alimentari nel carrello della spesa ha continuato a salire, raggiungendo in Italia il suo picco a marzo (+12%), ma evidenziando, anche in questo caso, una dinamica inferiore a quella registrata a livello comunitario. A questo proposito, tuttavia, va ricordato che in Italia il reddito pro-capite resta inferiore alla media Ue, con un divario che si è progressivamente ampliato nell’ultimo decennio.

L’effetto combinato dell’inflazione e della bassa crescita dei redditi – specie quelli da lavoro dipendente – ha eroso il potere d’acquisto e il tasso di risparmio delle famiglie, con forti squilibri sul piano distributivo: il tasso d’inflazione subìto dalle famiglie più fragili è risultato più alto rispetto a quello delle famiglie benestanti (12,1% vs 7,2%), per effetto della diversa incidenza e della diversa composizione della spesa alimentare. L’impatto sugli acquisti alimentari domestici è stato significativo, con volumi in riduzione (-3,7% nel 2022 secondo Istat), scontrini in aumento (+5%) e una ricomposizione del carrello guidata dalle esigenze di risparmio e dagli effetti dell’aumento della spesa incomprimibile per l’abitazione sul budget disponibile per l’alimentazione.

In allegato a questa EFA News il testo integrale del rapporto Ismea.

Allegati
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EFA News - European Food Agency
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