Non riceve alcun finanziamento pubblico
Direttore responsabile:
CLARA MOSCHINI

Facebook Twitter Youtube Instagram LinkedIn

Due nuovi Presidi Slow Food dalla Calabria

Si tratta dei Pruna di frati di Terranova e delle Piparelle di Villa San Giovanni

Due nuovi Presìdi Slow Food sono stati creati in Calabria. Il primo riguarda una varietà di susina selezionata cinque secoli fa dai monaci benedettini, localmente chiamata “i pruna di frati” di Terranova, cultivar di susina originaria del territorio pre-aspromontano della Piana di Gioia Tauro. Il secondo nuovo presidio riguarda le piparelle di Villa San Giovanni, un biscotto secco a base di mandorle e spezie.

“I pruna di frati” di Terranova deve il nome ai monaci benedettini celestini del convento di Terranova Sappo Minulio, a quaranta chilometri dal capoluogo. Furono loro, nel ‘500, a selezionare questo ecotipo e a sviluppare la coltivazione del pruno: ancora oggi, tra i ruderi dell’edificio, qua e là spuntano alcune piante. Il prugno produce susine “molto nobili e delicate”, per citare le parole usate nel 1691 da padre Giovanni Fiore da Cropani nel volume intitolato "Della Calabria illustrata". 

I frutti, verde-giallastri che virano verso il rosso-violetto a piena maturazione, hanno buccia sottile e forma allungata e sono coperti da un consistente strato di pruina che li protegge dagli agenti patogeni. "Sono molto dolci eppure non stucchevoli, con una bella acidità -spiega Francesco Saccà, referente Slow Food del Presidio- e la loro particolarità è la facilità con cui il seme si separa dalla polpa: basta un morso".

"I pruna di frati di Terranova sono un prodotto molto sentito sul territorio -dice ancora Saccà- e nei tre comuni di Terranova Sappo Minulio, Molochio e Varapodio quasi tutti hanno qualche pianta nei propri terreni. Certo, l’area è nota soprattutto per gli agrumi e le olive, ma anche il nostro susino è importante. Il riconoscimento come Presidio Slow Food è uno strumento di salvaguardia: per evitare che venga abbandonata e persa, deve poter essere una fonte di reddito per i produttori".

I produttori che aderiscono al Presidio sono sei. "Complessivamente coltiviamo circa 7 ettari e la produzione è limitata -sottolinea Daniele Molina, referente dei produttori-. Mediamente, in un ettaro crescono 350 piante: parliamo di terreni terrazzati, a quote che vanno dai 300 ai 400 metri, aree che oggi soffrono lo spopolamento e dove le piante da frutto hanno sempre risposto a un bisogno specifico: ottimizzare ciò che si aveva". 

"La pianta -prosegue Molina- è rustica, ben adattata ai terreni argillosi e non richiede particolari trattamenti. I frutti maturano a fine luglio e la raccolta si concentra in quindici, venti giorni al massimo. Freschi si conservano all’incirca una settimana altrimenti si fanno seccare o si trasformano in confettura con cui si preparano le crostate della tradizione". 

Il percorso che ha portato al riconoscimento come Presidio Slow Food delle piparelle di Villa San Giovanni, invece, non nasce dalla necessità di riconoscere un valore anche economico al prodotto, bensì dall’urgenza di difenderlo dalle imitazioni. "Le piparelle sono un prodotto tradizionale del nostro territorio", spiega Francesco Foti, referente Slow Food del Presidio. Una storia, lunga più di un secolo, che nasce dall’abilità dei maestri pasticceri nell’amalgamare ingredienti semplici: mandorle, zucchero, miele, farina di frumento e spezie come cannella e chiodi di garofano, oltre all’olio essenziale di arancio. 

"Oggi, pur di far colpo sugli acquirenti, si trovano varianti di ogni genere, piparelle aromatizzate in tutti i modi -aggiunge Foti-. Noi crediamo che vadano salvaguardate quelle tradizionali, prodotte con ingredienti locali: il miele reggino, la farina italiana, le mandorle, che arrivano dalla Sicilia o dalla Puglia". 

"Il nostro obiettivo è che ogni produttore sia libero di produrre le piparelle come meglio crede, utilizzando più o meno cannella o più o meno miele a seconda delle preferenze -sottolinea Foti- ma rispettando gli ingredienti di sempre. Se c’è chi usa le nocciole, le bacche di Goji o il bergamotto, allora è importante che il Presidio aiuti a distinguere le piparelle originali dalle altre".

Simili per alcuni aspetti alle omonime piparelle messinesi, quelle prodotte a Villa San Giovanni si distinguono dalle siciliane perché sono più sottili, per l’abbondanza di mandorle nell’impasto e per l’uso più parsimonioso delle spezie. "È un biscotto secco che si ottiene impastando le mandorle e le spezie con il miele, lo zucchero e l’olio essenziale di arancio, e aggiungendo solo in un secondo momento la farina" racconta Massimo Arena, referente dei sei produttori che aderiscono al Presidio. 

Una volta ottenuti dei filoncini di circa 500 grammi, questi vengono infornati per 30 o 40 minuti e, il giorno successivo, tagliati a mano in fette sottilissime, di non più di 4 millimetri, da infornare in teglia per ulteriori dodici ore a una temperatura di 60 gradi. "Un’asciugatura, più che una vera cottura", precisa Arena



fc - 37564

EFA News - European Food Agency
Simili
◄ Torna alla pagina precedente