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Granchio blu entra per decreto tra le specie commerciabili

La misura non convince: Fedagripesca-Confcooperative: "non basta mangiarlo" per risolvere il problema

Il granchio blu entra tra le specie commerciabili. A stabilirlo è un decreto approvato in questi giorni dal ministero dell'Agricoltura e della sovranità alimentare che stabilisce come il famigerato crostaceo sia stato inserito tra le denominazioni commerciali delle specie ittiche. Un provvedimento che, secondo l’Alleanza delle Cooperative della pesca è “un ulteriore tentativo di aiutare gli operatori a superare le enormi difficoltà create dall’invasione del killer”.

“Già da tempo registriamo vari tentativi di lenire gli effetti di questa emergenza con iniziative che cercano di promuoverne il consumo di questo crostaceo e nonostante questo permangono tutte le oggettive difficoltà più volte denunciate da produttori e organizzazioni economiche -rende noto Alleanza-. Con questo provvedimento viene sanato un aspetto legato alla commercializzazione peraltro in corso già da alcuni mesi attraverso denominazioni talvolta similari. Per il consumatore sarà, quindi, meno complicato individuare sui banchi delle pescherie e della grande distribuzione questo crostaceo; restano le perplessità rispetto all’ipotesi che si possa costruire una vera e propria filiera commerciale capace di offrire un’alternativa economica alle migliaia di pescatori colpiti da questa emergenza ambientale”.

Con il decreto, secondo l’Alleanza, l’Italia si allinea agli altri Stati Ue che da tempo commercializzano regolarmente il callinectes sapidus con la denominazione ‘granchio blu’ e colma un vuoto legislativo. Intanto, però, nonostante il freddo, non diminuisce la prolificazione della specie. Per eliminarlo, o almeno per contrastarne la diffusione, si stanno moltiplicando le iniziative: l'ultima in ordine di tempo è quella dell'Universuità Cà Foscari di Venezia che ne ha studito i principi di trasformazione e ha decretato che dal suo guscio si possono ottenere prodotti di altissima gamma e di diffuso utilizzo come pellicole, cerotti, smalti per unghie, film per il settore medicale e non solo (leggi EFA News). 

Da quando poi il Masaf ha sdoganato il suo utilizzo in cucina, quello dele ricette culinarie a base di granchio blu è diventato un altro must pur di toglierlo dalla circolazione. Una tendenza che, però, fatica a trovare adepti. A confermarlo è la notizia che, pochi giorni fa, il pastificio Artusi di Padova, quello che ha "inventato" i ravioli ripieni al granchi blu (leggi EFA News), ha fatto il suo ingresso col prodotto nei menù dei ristoranti del gruppo di Eataly (Torino Lingotto, Milano Smeraldo, Roma Ostiense, Genova e Trieste), con una ricetta a base di burro fuso ed erbe aromatiche. 

“Non saranno purtroppo i ravioli a salvare le nostre vongole dal granchio blu: iniziative come queste hanno il sapore del folklore gastronomico ma sono ininfluenti nella battaglia per debellare questa specie aliena", sottolinea Paolo Tiozzo, vicepresidente Fedagripesca-Confcooperative commentando la notizia dei ravioli al granchio blu proposti nei ristoranti di Eataly e quella del piatto da cucinare a casa nella versione venduta in vaschetta, con tanto di corso di cucina su come preparare in casa questo crostaceo. 

"Anche sul fronte delle ricadute economiche -aggiunge Tiozzo-, non ci sono vantaggi per i produttori di vongole che lamentano circa il-70% in meno di prodotto rispetto al 2022, ovvero prima dell’invasione del granchio blu. Per uscire dal guado occorre, invece, una pesca intensiva dei granchi che infestano le nostre acque con strumenti mirati e il supporto della ricerca scientifica per creare degli argini a questo invasore. Solo così potremo contenere l’emergenza e riportare sulle tavole, nei quantitativi di un tempo, le vongole made in Italy”. 

Secondo un sondaggio di Fedagripesca-Confcooperative 8 italiani su 10 sono spinti ad assaggiare piatti a base di granchio blu per moda o curiosità, ma il granchio non è riuscito a scalzare i piatti tipici della tradizione come gli spaghetti con le vongole che restano in vetta alla classifica delle proposte ittiche più amate. Secondo l’associazione, in Italia manca ancora una cultura gastronomica legata a questo prodotto, che negli Stati Uniti viene venduto a 100 Euro al chilo. Inoltre, nel nostro Paese i pescatori sono costretti a buttare via il 90% degli esemplari, da cui guadagnano al massimo 1,50 Euro al chilo, perché quelli più piccoli non sono richiesti. Oltreoceano, invece, ogni singolo granchio ha uno sbocco commerciale, dalle zuppe alla trasformazione. 

Per mantenere alta l’attenzione del dramma che stanno vivendo i produttori italiani di vongole, sottolinea Confcooperative, i pescatori di Goro, Porto Tolle e Comacchio per augurare buone feste hanno fatto realizzare delle cartoline di Natale sul tema granchio blu da affrancare e spedire alla premier Giorgia Meloni. E proprio durante il periodo natalizio è arrivato il sospirato via libera nazionale allo stato di emergenza, in attesa ora del disco verde da Bruxelles (leggi EFA News).

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EFA News - European Food Agency
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