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Caso Ferragni, le indagini restano a Milano

Lo ha deciso la Cassazione: anche il manager dell'influencer tra gli indagati

Il caso Ferragni rimane a Milano. Lo ha deciso la Procura generale della Cassazione stabilendo che sono gli inquirenti milanesi competenti ad indagare sul caso Ferragni-Balocco per la vicenda dei pandori griffati, dopo che era stato sollevato il conflitto di competenza territoriale tra la procura lombarda e quella di Cuneo che aveva inoltrato una richiesta in via ufficiale di trasmissione degli atti visto che in provincia di Cuneo ha sede Balocco (leggi EFA News). La Cassazione, invece, ha scelto Milano perché è lì che sono stati siglati i contratti. 

La decisione del pg della Suprema Corte non è definitiva, anche perché, nel corso del procedimento, le difese potranno rivolgersi direttamente ai giudici della Cassazione per la questione di competenza territoriale. Ma, intanto, per il pg sono i due contratti stipulati, nel novembre 2021, a Milano tra Balocco (indagata per truffa l'ad Alessandra Balocco) e le società di Ferragni a radicare le competenza nel capoluogo lombardo, così come i conti milanesi su cui la moglie di Fedez ha incassato i "compensi" da oltre un milione di Euro. Le mail tra i "team" dell'azienda dolciaria e di Ferragni provano, infine, secondo il pg, che le due parti avevano "già approvato" che la donazione da 50mila euro sarebbe stata effettuata prima dell'inizio "della vendita del prodotto" e "a prescindere dal volume delle vendite".

Intanto c'è una nuova iscrizione nel registro degli indagati. Anche Fabio Maria D’Amato, manager e stretto collaboratore di Ferragni, è indagato per truffa aggravata per i casi del pandoro e delle uova di Pasqua nell’inchiesta della Procura di Milano. Il nome compare nel provvedimento del procuratore della Cassazione sulla competenza territoriale.

Proseguono nel frattempo le indagini, parallele all’attività ispettiva dell’Antitrust, che riguardano anche l’affaire delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e la bambola Trudi, in realtà chiamata “Mascotte Chiara Ferragni”, prodotta in collaborazione con Trudi (leggi EFA News). A Milano vanno avanti gli accertamenti soprattutto in relazione al luogo in cui sono stati incassati i profitti, ossia alla ‘catena’ degli incassi e ai conti. 

Nella memoria agli atti del decreto con cui la procura generale di Cassazione ha risolto il conflitto di competenza territoriale tra Milano e Cuneo in favore del capoluogo lombardo, è stato argomentato che i guadagni di Chiara Ferragni derivati dalle campagne pubblicitarie per la vendita del pandoro, le uova di Pasqua e la bambola non è stato solo di "natura puramente patrimoniale", ma è "consistito anche nel rafforzamento mediatico dell'immagine della influencer dal momento che la stessa trae profitto dal crescente consenso ottenuto veicolando una rappresentazione di sé strettamente associata all'impegno personale nella charity ed in tal senso è stata orientata pure la campagna pubblicitaria per il Pandoro". Sono nette, dunque, le valutazioni messe nero su bianco dal sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis nel decreto con cui ha risolto a favore della Procura di Milano la questione della competenza ad indagare.

Tra l'altro, secondo il pg della Cassazione che ha analizzato gli atti dell'Antitrust che ha multato l'influencer e la Balocco e quelli dell'inchiesta del procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ci sono elementi "di tenore non equivoco" su una "unitaria programmazione, nell'ambito di un medesimo disegno criminoso" delle presunte truffe che riguardano non solo il caso pandoro, ma anche quelli delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e della bambola 'Chiara Ferragni by Trudi'. 

Tutti fatti contestati all'imprenditrice e su cui si sta muovendo la Procura guidata da Marcello Viola. Per quelle operazioni commerciali che sarebbero state spacciate per iniziative benefiche, tra il 2019 e il 2022, secondo il pg, va considerata la "unitarietà della spinta a delinquere", la "analogia del 'modus operandi'" e il "lasso temporale" tra gli episodi. In tutti e tre i casi, si legge ancora, Ferragni ha pubblicato sui social post, stories e "video fuorvianti" per i consumatori.

Dal decreto emerge anche che tutte le società coinvolte nelle due vicende sono iscritte per la legge sulla responsabilità degli enti, mentre a Cuneo erano stati aperti fascicoli esplorativi anche sui casi Oreo (leggi EFA News) e Soleterre. Sempre nel provvedimento il pg cita recente Cassazione per spiegare che "la sola menzogna è di per sé sufficiente ad integrare gli elementi costitutivi del delitto di truffa". La "enfatizzazione" del fine caritatevole nella campagna promozionale sul 'Pink Christmas', "amplificata dai mezzi di comunicazione" usati, come i social, ha indotto "in errore i consumatori", che hanno "ritenuto" di "contribuire alla finalità benefica", la "cui serietà era garantita anche dalla credibilità di una influencer da circa 30 milioni di follower".

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