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CLARA MOSCHINI

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Agricoltura: in Italia occupa quasi 362mila stranieri, che coprono il 31,7% delle giornate-lavoro

Presentato a Foggia rapporto commissionato da Fai-Cisl e realizzato dal Centro Studi Confronti

Luci e ombre su un mondo di cui si parla tanto e che, tuttavia, pochi conoscono da vicino. In 511 pagine, il rapporto "Made in Immigritaly”, realizzato dal Centro Studi Confronti e commissionato da Fai-Cisl . Terre, colture, culture”, primo vero dossier di ricerca sulla forza lavoro immigrata nell’agroalimentare italiano. "La ricerca esamina i modi in cui il lavoro immigrato viene gestito in contesti specifici e analizza, oltre alle criticità, i diversi profili del fenomeno, inclusi gli esiti più incoraggianti, frutto di meccanismi virtuosi di cooperazione, apprendimento reciproco, integrazione locale che si stanno realizzando sui luoghi di lavoro", si legge sul sito di Fai-Cisl.

I lavori, moderati da Claudio Paravati, direttore del Centro Studi Confronti, sono stati conclusi dal segretario generale Fai-Cisl nazionale Onofrio Rota che ha ricordato come “gli immigrati che lavorano regolarmente in Italia sono 2,4 milioni circa, più del 10% degli occupati. In agricoltura il dato è più rilevante di questo valore medio, infatti gli stranieri occupati nel settore sono quasi 362.000, e coprono il 31,7% delle giornate di lavoro. Continua ad esserci un grande fabbisogno", prosegue Rota, "ma il decreto flussi non è connesso con il sistema impresa nel nostro Paese. Basti pensare che la maggior parte del fabbisogno è in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, ma la regione che ha presentato più domande (300mila sulle 700mila disponibili) è la Campania".

"Da tempo come sindacato sosteniamo che è la bilateralità la via privilegiata per creare vero mismatch tra domanda e offerta di lavoro, garantire legalità, inserimento reale, lavoro giusto e sicuro. La vera sfida", conclude Rota, "è rendere l’agroalimentare più attrattivo, e per farlo vanno incrementate le protezioni sociali, le competenze, i redditi”.

Un focus specifico è stato dedicato alla situazione dei lavoratori immigrati in Puglia (oltre 156.600), con uno sguardo particolarmente approfondito sulla Provincia di Foggia, dove si concentra il 35% del totale regionale. In particolare il territorio della Capitanata si presenta come molto vasto, con un’estensione di oltre 7.000 chilometri quadrati, dove l’agricoltura rappresenta l’attività predominante. Qui viene prodotto il 30% del pomodoro industriale italiano, oltre ad altre colture come il broccoletto, l’asparago, l’ulivo, l’uva. Tuttavia, la raccolta del pomodoro rappresenta chiaramente il più importante sbocco occupazionale per i lavoratori migranti, che nei mesi estivi – tra giugno ed agosto - in migliaia si riversano nei campi della Capitanata, per la raccolta che avviene in particolare nelle zone a nord di Foggia, tra San Severo e Apricena.

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