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Caporalato: ancora un caso, stavolta in Abruzzo

Madre e figlio fermati a Teramo: reclutavano immigrati sui sociali, poi li sfruttavano e li ricattavano

Reclutavano immigrati sui sociali, poi li sfruttavano nella loro azienda agricola. Se si ribellavano, i malcapitati venivano sottoposti a ricatto. E' l'ennesima, raccapricciante vicenda di caporalato, emersa stavolta nelle campagne teramane. Le indagini del nucleo Carabinieri Ispettorato del lavoro di Teramo ha dato esecuzione alla misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Roberto Veneziani su richiesta della pm della Procura di Teramo Francesca Zani.

Il blitz ha portato al fermo di due persone, sottoposte a provvedimenti disciplinari differenti. Il coordinatore dell'azienda, 25 anni, è finito ai domiciliari, mentre per sua madre, 51 anni, titolare dell'esercizio, è scattato il divieto di dimore nel Comune di Teramo. Per entrambi, le accuse sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro.

Secondo la ricostruzione dei militari, madre e figlio avrebbero reclutato due cittadini stranieri privi di permesso di soggiorno, per una retribuzione di soli 500 euro al mese, costringendoli ad alloggiare in una roulotte, priva di acqua, luce e della più elementare igiene, tanto più che l'improvvisato accomodamento era stato posizionato a ridosso di una stalla, quindi della concimaia. I due sfortunati braccianti venivano costantemente minacciati di rimpatrio.

Nelle ispezioni, i carabinieri hanno anche trovato banconote pari a 2060 euro, che uno dei due migranti aveva nascosto in un cespuglio per evitare di essere derubato: la somma gli è stata restituita. Sono state infine rinvenute cinque piante di marijuana, alte 40 cm e 50 grammi di stupefacente, confezionati in più dosi.

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