Allevamenti. Migliorare la fertilizzazione dei foraggi fa bene all'ambiente
Uno studio presentato all'università di Ghent durante l'evento Enaj/Eu Farmbook
Inalca, primo produttore italiano e tra i leader europei nel settore delle carni bovine, ha realizzato, insieme a Corteva Agriscience e l'Università degli Studi di Milano, un progetto pilota con l'obiettivo di migliorare le prestazioni ambientali della fase di produzione dei foraggi destinati all'alimentazione dei bovini alimentazione. Il progetto è stato presentato ieri in Belgio, durante l'ENAJ/EU-Farm Book Press and Networking Event presso l'Università di Ghent, da Clara Maffei, Inalca Quality & Assurance Manager.
Oltre 50 giornalisti provenienti da diversi paesi europei (Belgio, Italia, Olanda, Germania, Norvegia, Gran Bretagna e Irlanda) hanno partecipato all'incontro dell'Associazione europea dei giornalisti agroalimentari, presieduto dalla giornalista italiana Lisa Bellocchi.
L’alimentazione è uno dei fattori più importanti che influenzano l’efficienza produttiva e l’impatto ambientale della produzione animale. Lo studio presentato da Inalca valuta la possibilità di ridurre l'impatto della produzione di bovini da carne ottimizzando la gestione della fertilizzazione dei foraggi autoprodotti nelle stesse aziende agricole. A tal fine, sono stati confrontati due scenari su due allevamenti di bovini da carne dell’azienda (di proprietà del Gruppo Cremonini) nel nord Italia, uno scenario di base (BS) e uno scenario con gestione ottimizzata (OMS) in termini di utilizzo di fertilizzanti azotati.
Per confrontare le prestazioni ambientali nei diversi scenari è stato utilizzato l’approccio LCA (Life Cycle Assessment) cradle-to-gate. Per esprimere i risultati in relazione alle diverse fasi della filiera sono state utilizzate due diverse unità funzionali (1 t di sostanza secca di foraggio autoprodotto e 1 kg di peso vivo di bovini da carne prodotti).
La raccolta dati e l'LCA sono state effettuate da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università degli Studi di Milano.
Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0048969723047915) ha evidenziato una significativa riduzione delle emissioni di CO2 eq per tutti e tre i foraggi considerati (insilato di mais , pastone, frumento foraggero), pur mantenendo un livello produttivo in linea o superiore rispetto al sistema convenzionale, a dimostrazione che sostenibilità e produttività non sono incompatibili, ma anzi convergenti.
La riduzione della fertilizzazione con azoto sintetico, in particolare durante la fertilizzazione superiore, mantiene le rese a livelli soddisfacenti riducendo sostanzialmente la maggior parte degli impatti valutati (ad esempio, il cambiamento climatico dal 17% al 23%). D’altro canto, è possibile identificare dei compromessi tra le diverse categorie di impatto (ad esempio, l’acidificazione terrestre aumenta fino al 52% per l’insilato di grano).
L’ottimizzazione della fertilizzazione comporta anche una riduzione dell’impatto dell’alimentazione nel suo insieme e quindi dei bovini da carne prodotti, anche se il numero crescente di input esterni, non influenzati dalle migliori pratiche di fertilizzazione, per ciascuna di queste due fasi porta a riduzioni di impatto sempre più contenute. In definitiva, l’ottimizzazione delle pratiche di produzione agricola interna è importante dal punto di vista ambientale per le aziende agricole ma rappresenta solo uno dei possibili interventi di mitigazione necessari per diminuire gli impatti dell’intera filiera agricola.
EFA News - European Food Agency