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Allevamenti, basta fake news

Il debunking di Carni Sostenibili a margine di una recente proposta di legge

Maggioranza e opposizione litigano ferocemente su tutto, ma alcuni esponenti di entrambi gli schieramenti non hanno avuto remore per unirsi per attaccare quello che è, a tutta evidenza, l'anello debole della nostra società: gli allevamenti zootecnici. Debole, perchè sono diventati come la storica croce rossa su cui sparare: inquinano, ammorbano l'aria, maltrattano (e uccidono) gli animali, diffondono le epidemie e chi più ne ha più ne metta. 

E allora, ecco che arriva anche una bella proposta di legge per eliminarli, di fatto, con l'ipocrita espressione di rivolgersi agli "allevamenti intensivi": tipologia generica che non esiste dal punto di vista scientifico, giuridico, legale, ma perfetta per il marketing animalista e ambientalista.

Sul sito della Camera dei deputati è infatti stata pubblicata la proposta di legge n. 1760 su “Disposizioni in materia di riconversione del settore zootecnico per la progressiva transizione agroecologica degli allevamenti intensivi”, per iniziativa di 21 parlamentari, sulla base di una proposta presentata dalle lobby ambientaliste e animaliste a febbraio (Greenpeace Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e WWF Italia). E se per le associazioni che sostengono la proposta, l’iniziativa del Parlamento sarebbe giustificata da una lunga serie di vantaggi che ne ricaverebbe l’ambiente naturale e i cosiddetti “piccoli produttori”, in realtà sono molti i rischi per tutto il comparto agroalimentare e per l’ambiente stesso, connessi a uno smantellamento, a matrice ideologica, del sistema zootecnico italiano. 

Lo spiega bene in merito alla proposta il prof. Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili: "Ancora una volta, sono molte le fake news che inquinano il dibattito e impediscono lo sviluppo di una riflessione libera e basata su evidenze scientifiche”.

Vediamo allora quali sono le fake news ai cui si sono abbeverati gli autori della proposta di legge e sulle quali l'associazione di Pulina ha prodotto un efficace dubunking, pubblicato sul loro sito.

Gli allevamenti intensivi sono più inquinanti di quelli estensivi. FALSO! L’Italia ha ridotto della metà l’impronta carbonica, azotata e fosfatica dal 1980 ad oggi dell’allevamento bovino da latte grazie all’intensivizzazione intelligente. Abolire gli allevamenti tecnologici per tornare al 1980 significherebbe immettere nell’aria il doppio della CO2 e far confluire nei terreni il doppio dell’azoto, nonché mettere a rischio chiusura le filiere dei nostri più importanti formaggi DOP. Le stesse considerazioni valgono anche per la filiera della carne bovina, il suino e il pollo, oltre 500.000 posti di lavoro fra fase agricola e trasformazione.

Gli allevamenti intensivi consumano terra. FALSO! La terra coltivata non si consuma, anche quella che è usata per nutrire agli animali. A essere consumata è piuttosto quella urbanizzata.

La transizione verso gli allevamenti estensivi aiuterà la biodiversità. FALSO! L’intensivizzazione intelligente della zootecnia nazionale e della sua agricoltura ha liberato enormi superfici marginali che sono state rinaturalizzate, tanto che dal dopoguerra ad oggi le superfici boschive sono duplicate, passando da 5,6 a 11,1 milioni di ettari, mentre le produzioni zootecniche sono rimaste costanti, seppure insufficienti a colmare la domanda interna.

Gli allevamenti più intensivi non rispettano il benessere animale. FALSO! Chiunque abbia a che fare con gli animali zootecnici può facilmente dimostrare il contrario, a partire dalle cinque libertà di Brambell che riguardano la nutrizione, lo spazio fisico, la salute, il comportamento di specie e il benessere, che è molto più difficile garantire nell’estensivo, a differenza del protetto. Pretendere l’accesso esterno agli animali incondizionatamente significa non solo mettere a repentaglio la salute di questi e degli operatori, ma anche non tenere conto delle specifiche condizioni di allevamento e della stagionalità degli stress termici che compromettono il benessere degli animali.

Ridurre il numero di capi per ettaro, vietare ulteriori aumenti delle consistenze e incentivare i piccoli allevatori, anche riducendo il numero totale di capi allevati in Italia è la via maestra della sostenibilità ambientale. FALSO! Tutte queste azioni, promosse senza alcuna base scientifica, si dimostreranno controproducenti per l’ambiente, anche perché la stima dei carichi “reali” e la demolizione del patrimonio zootecnico nazionale avrebbero delle conseguenze drammatiche nel breve periodo: carenze alimentari con dipendenza da paesi terzi, effetti diretti sull’inflazione e sul carrello della spesa per le famiglie meno abbienti, chiusura di intere filiere del valore, le DOP in primis. E l’ambiente? Chiudere gli allevamenti italiani non farebbe altro che esternalizzare gli impatti oltrefrontiera.

Gli allevamenti sono i principali responsabili delle particelle inquinanti PM2,5. FALSO! Siamo davanti a una notizia totalmente infondata. Gli allevamenti su scala nazionale contribuiscono al 2,5% del totale delle emissioni di PM2,5 contro il 64% del residenziale, si veda ad esempio l’impatto del riscaldamento domestico. Ad esempio, mettere qualche filtro nelle canne fumarie aiuterebbe molto di più che eliminare i nostri allevamenti e i nostri allevatori. Con impatti economici per tutto il Paese decisamente minori.

“Se andasse in porto questa proposta di legge  spiega Pulina – avremo cibi più costosi, un danno alle fasce della popolazione più fragile, distruzione di intere filiere agroalimentari che aiutano l’export italiano nel mondo, perdita di valore e posti di lavoro, diminuzione della biodiversità per aumento della pressione produttiva sui terreni rinaturalizzati, perdita di capitale fisico e umano in un settore strategico quale quello dell’agroalimentare di alta qualità, riduzione degli standard di benessere e sanità animale che sono decisamente più controllabili in allevamenti protetti piuttosto che in cima alle montagne in territori desertificati antropicamente”.

Questi i rischi reali connessi allo smantellamento del nostro sistema zootecnico, senza contare l’impatto carbonico: “Gli allevamenti – continua il presidente di Carni Sostenibili – contribuiscono al 5,8% dell’impronta climalterante attuale in Italia. La loro estensivizzazione comporterebbe un aumento diretto delle emissioni”. Gli animali dei piccoli allevamenti, infatti, producono poco e consumano ciò che mangiano per procacciare cibo, piuttosto che per produrre latte, carne e uova.

Ma non solo, chiudere gli allevamenti protetti genererebbe anche un aumento indiretto delle emissioni dovuto all’import di alimenti prodotti in aree con maggiori impatti. “L’Italia – ricorda Pulina – detiene il record del mondo per le minori emissioni di gas serra per unità di prodotto ottenuto”. E conclude il professore: “Questa proposta di Legge non solo è pericolosa perché se varata otterrà gli effetti opposti a quelli auspicati, ma è anche dannosa per i cittadini italiani, siano essi consumatori oppure lavoratori e operatori delle filiere dei prodotti di origine animale. Speriamo che al di là degli strilli trionfalistici dell’ideologia delle lobby animaliste e ambientaliste, prevalga la saggezza collettiva dei nostri rappresentanti parlamentari”.

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EFA News - European Food Agency
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