Turismo, il balzello sui turisti non piace ai comuni
Genera 775 milioni di euro ma la chiede solo il 22% delle città
La tassa di soggiorno, l'odioso balzello sui turisti, non piace a tutti i comuni, anzi. A confermarlo sono i dati numerici ma, soprattutto, le prospettive. Andiamo con ordine: le entrate che sono derivate dall'applicazione della tassa di soggiorno, è vero, crescono ogni anno tanto che nel 2023 hanno raggiunto quasi 775 milioni di Euro, secondo l'elaborazione del Centro studi enti locali basata su dati Mef, Banca d'Italia e Istat.
Ma, sempre nel 2023, hanno istituito la tassa di soggiorno soltanto 1.268 comuni, circa uno su 5, pari al 22% dei comuni italiani aventi diritto. Ad oggi l'imposta può essere istituita dai capoluoghi di provincia e dai comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o delle città d'arte e da quelli che hanno sede giuridica nelle isole minori o nel cui territorio insistano isole minori: in tutto, stando allo studio della Banca d'Italia diffuso nel 2018, sarebbero 5.730 i comuni che rientrano in queste categorie, circa il 70% del totale.
Fatto sta che in pochi decidono di applicarla nel timore, forse, che si traduca in un deterrente per i turisti: solo, dicevamo, il 22% di questi 5.730 comuni, quindi 1.268 appunto, ha di fatto applicato il tributo nel 2023. Si tratta, comunque, di un numero in aumento rispetto agli anni precedenti: i comuni che applicavano la tassa sono stati 1.143 nel 2022, 1.059 nel 2021, 1.046 nel 2020 e 1.003 nel 2019.
I prelievi maggiori in cifre assolute sono quelli delle città, Roma sopra a tutte, e poi Firenze e Milano: in termini pro capite, il comune che si è arricchito di più grazie all'imposta è quello di Corvara di Badia, in Trentino Alto Adige. Qui le tante strutture turistiche e i pochi residenti hanno dato come risultato un prelievo per abitante pari a 1.448 Euro, contro una media nazionale di 26 Euro. Il Trentino Alto Adige, del resto, la fa da padrona nella classifica delle applicazioni della tassa: oltre a Corvara si trovano anche Selva di Val Gardena, Avelengo, Tirolo, Sesto, Scena e Badia. Fanno eccezione solo Limone Sul Garda, in provincia di Brescia, al secondo posto con 1.404 Euro riscossi per ogni abitante, il comune piemontese di Sestriere (648 Euro) e soprattutto Positano, l'unica località meridionale nella classifica, al nono posto con 614 Euro.
A fronte di chi incassa tanto altri non guadagnano nulla o quasi. In Molise, per esempio, dei 56 comuni che avrebbero potuto istituire il prelievo nessuno ha voluto introdurlo nel quinquennio 2019-2023. La regione è stata l'unica "tourist tax free", almeno fino al 2024, quando Campobasso ha cominciato a chiedere una tassa di soggiorno di 1 Euro, la più conveniente di tutti i capoluoghi di regione.
Nel frattempo, il ministero del Turismo ha deciso di accelerare la riforma della tassa di soggiorno. L'ultima bozza di decreto circolata parla della possibilità di un aumento per raggiungere, negli alberghi extralusso da oltre 750 Euro a notte, anche 25 Euro al giorno. Per i pernottamenti inferiori ai 100 Euro la tassa potrebbe invece arrivare massimo a 5 Euro. Spendendo tra 100 e 400 Euro l'imposta verrebbe invece a costare fino a 10 Euro e se si paga la notte tra 400 e 750 Euro, massimo 15 Euro.
La nuova imposta, inoltre, potrebbe essere estesa anche ad un numero più ampio di città: in pratica, a tutte quelle che vorranno applicarla mentre oggi, invece, la possono riscuotere solo i capoluoghi, le unioni di comuni e i comuni turistici. Questo significa che, con la riforma, la platea delle città che la richiedono ai loro visitatori potrebbe allargarsi da 5.730 a 7.902 unità.
Un'altra novità potrebbe riguardare la destinazione degli incassi, che ora vengono utilizzati per finanziare interventi nel settore del turismo ma che, con la riforma, potrebbero essere dirottati anche sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
EFA News - European Food Agency