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Cannabis. Governo: per la canapa industriale nulla cambia

L'obiettivo è bloccare la diffusione illecita di inflorescenze e derivati nei cannabis shop

"L’emendamento al Ddl "Sicurezza" è stato proposto al fine di evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale e, non limitando la produzione dei derivati dalla Cannabis, prevista dalla legge 242/2016, non incide e non altera il mercato da essa derivato, consentendo la prosecuzione delle attività di chi ha investito nel settore".

"Il “Ddl Sicurezza” non criminalizza né incide sulla coltivazione e sulla filiera agroindustriale della canapa, in quanto non vieta, né limita la produzione della Cannabis Sativa L., così come previsto dalla legge n. 242/2016, e non crea contrasti normativi e giuridici con altri Paesi EU, essendo in linea con la normativa europea (Direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002) e la Convenzione Unica sugli Stupefacenti di New York del 1961 che annovera tra le sostanze stupefacenti (tabella I) la pianta della cannabis e la resina di cannabis, consentendo la possibilità di utilizzare i semi e il fusto della pianta (parti non contenenti principi psicoattivi) solo per scopi industriali".

Così una nota del Dipartimento delle Politiche Antidroghe della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per fare chiarezza sui continui allarmi lanciati da tutte le organizzazioni agricole - Coldiretti in primis - su una presunta distruzione del settore, in una singolare alleanza con i partiti della sinistra e tutto il variegato universo antiproibizionista.

"Con l’entrata in vigore della legge 242/2016 - prosegue la nota - è stata avviata, illecitamente, anche la produzione e la commercializzazione, nei cosiddetti “cannabis shop”, di inflorescenze e suoi derivati, acquistati per un uso ricreativo, insinuando nella collettività la falsa idea di legalizzazione di una cannabis definita, erroneamente, “light”. A tal proposito è opportuno evidenziare che il nome scientifico di tale varietà di pianta è “Cannabis Sativa Linnaeus”, e pertanto l’abbreviazione “L.” non significa “light”. Lo stesso fenomeno si è creato con il Cbd, derivato dalla cannabis, prodotto contenente principi attivi tali da averne reso necessario l’inserimento nella Tabella dei medicinali, sezione B, allegata al Dpr 309/90".

Quindi il chiarimento sulle motivazioni che hanno spinto il governo a varare la norma, nel testo che riportiamo integralmente.

"L’emendamento al Ddl è stato, dunque, proposto al fine di evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale e, non limitando la produzione dei derivati dalla Cannabis, prevista dalla legge 242/2016, non incide e non altera il mercato da essa derivato, consentendo la prosecuzione delle attività di chi ha investito nel settore.

Infatti, la Legge 2 dicembre 2016, n. 242, “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, infatti, autorizza la coltivazione e la trasformazione della “Cannabis Sativa L.” solo al fine di ottenere i seguenti prodotti: alimenti e cosmetici, prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; materiale destinato alla pratica del sovescio; materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; coltivazioni destinate al florovivaismo. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale.

Per le finalità sopra indicate la Cannabis Sativa L. è inserita nel “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole”.

In merito ad alcuni prodotti si evidenzia che: le fibre per impiego tessile vengono ricavate dalla lavorazione del fusto e dei rami della pianta; gli alimenti, le bevande e i cosmetici possono essere prodotti solo dalla lavorazione dei semi della Cannabis Sativa L. e dagli olii derivanti sempre dalla lavorazione dei semi. I semi della cannabis contengono una quantità irrilevante di Thc (quasi pari a zero) e che comunque non deve superare i 2 mg/kg (0.0002%) la biomassa, prodotto contenente anche inflorescenze, è consentita solo per autoproduzione energetica industriale. La produzione di cannabis per uso medico è regolamentata da altra normativa e pertanto, è esclusa dalla coltivazione e dalla filiera agroindustriale della canapa.

Le inflorescenze e i suoi derivati non sono contemplate tra i prodotti ammessi dalla legge 242/2016, come anche evidenziato nelle motivazioni della sentenza della Sezioni Unite Penali della Suprema Corte di Cassazione del 30 maggio 2019, in quanto soggette al “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti”, Dpr n. 309/90. Pertanto, la produzione e la vendita delle stesse è sempre avvenuta al di fuori delle Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa".

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