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I cibi ultraprocessati spingono l'obesità: +36% negli ultimi 20 anni

Report "Malattie, cibo e salute" di Fondazione Aletheia per la Giornata dell'Alimentazione

L'aumento dei consumi di cibi ultra-processati incide pesantemente sull'obesità, cresciuta del 36% negli ultimi 20 anni in Italia. È questo il risultato più importante che emerge dall'ultima ricerca condotta dalla Fondazione Aletheia e pubblicata in vista della Giornata Mondiale dell'Alimentazione che si celebra oggi 16 ottobre e intitolata "Malattie, cibo e salute". Lo studio, elaborato nel luglio scorso (leggi EFA News, è stato riproposto oggi proprio in concomitanza con la Giornata dell'Alimentazione, in modo da poterne evidenziare ancora di più la drammatica attualità. 

Presieduta da Stefano Lucchini e diretta da Riccardo Fargione, Aletheia è un think tank scientifico italiano che studia e promuove modelli nutrizionali sani: sotto la guida del professor Antonio Gasbarrini, preside della facoltà di Medicina dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e direttore del Centro Malattie Apparato Digerente (CEMAD) del Policlinico Gemelli, riunisce esperti di alto profilo nei settori della medicina, dell'economia e della giurisprudenza.

Il consumo di alimenti altamente trasformati sta aumentando tra i giovani, in particolare nella fascia d'età compresa tra 5 e 30 anni. Si tratta di prodotti come merendine, bevande gassate, snack salati che contengono nella maggior parte dei casi una molteplicità di additivi chimici come coloranti, dolcificanti artificiali e molto altro. Questi additivi seppur considerati sicuri non sono di certo salubri per la salute, soprattutto a causa del cosiddetto effetto cocktail, ovvero la loro assimilazione ripetuta durante la giornata. Un fenomeno che rischia di compromettere la diffusione di modelli nutrizionali sani, come la Dieta Mediterranea, che rappresenta una pietra miliare della nostra cultura alimentare.

La situazione italiana è comunque migliore rispetto ad esempio agli Stati Uniti dove i cibi ultra-processati costituiscono il 60% dell'apporto calorico medio per gli adulti e il 70% per gli adolescenti. Secondo il recente studio "Global Burden of Disease", in Nord America l'obesità e l'iperglicemia legate a una cattiva alimentazione sono tra le principali cause di morte.

"È fondamentale proteggere le future generazioni da abitudini alimentari dannose e continuare a investire in politiche che promuovano la Dieta Mediterranea, non solo come modello nutrizionale, ma anche come cultura della consapevolezza alimentare -spiega Esmeralda Capristo, docente di Scienza dell'Alimentazione e delle tecniche dietetiche applicate, Università Cattolica del S. Cuore e membro del Comitato scientifico della Fondazione Aletheia-. Genitori, educatori, mondo della ricerca e decisori politici devono lavorare insieme per contrastare questa tendenza preoccupante".

Attualmente, il sovrappeso e l'obesità interessano il 46% della popolazione italiana, pari a oltre 23 milioni di persone in maggiore età, ma la situazione non è rassicurante nemmeno per adolescenti e giovani. Le stime suggeriscono che una riduzione del 20% delle calorie provenienti da cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi potrebbe prevenire fino a 688mila malattie croniche entro il 2050. A beneficiarne anche l'economia del Paese: una corretta alimentazione, infatti, che garantirebbe un risparmio di 12 miliardi di Euro per i cittadini italiani.

I costi sanitari legati alle malattie dovuto al consumo di cibi grassi, secondo il rapporto, comportano una contrazione annua del pil europeo del 3,3%. Entrando nel dettaglio, l’incremento del sovrappeso legato astili nutrizionali errati rappresenta il 9% della spesa sanitaria nazionale e ad ogni italiano costa un’extra “tassa” annuale di 289 Euro. In tal senso la dieta mediterranea, iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco ingloba ed esprime differenti valori di contrasto a questo fenomeno.

“La dieta mediterranea -specifica Claudio Franceschi, professore emerito di immunologia all’Università di Bologna, tra gli autori della ricerca- rappresenta indiscutibilmente un elemento cardine perla salute dei cittadini poiché ha una serie di effetti favorevoli sulla composizione corporea, lo stato infiammatorio cronico caratteristico dell’invecchiamento (“inflammaging”) ed anche su tutta una serie di parametri cognitivi”.

Da qui, dunque, i rischi di consumi elevati di cibi ultra-processati. Il rapporto evidenzia, infatti, come una riduzione del 20% delle calorie assunte da alimenti ad alto contenuto di zucchero, sale e grassi saturi potrebbe prevenire in Italia 688mila malattie croniche entro il 2050 e far risparmiare 278 milioni di euro l’anno di spesa sanitaria: circa 7 miliardi nei prossimi 25 anni.

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EFA News - European Food Agency
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