Agri Food Summit/2. Studio sull'agricoltura rigenerativa
Peyron (Dss+): "Gli agricoltori vanno ingaggiati parlando il loro linguaggio"
Dalla ricerca è emerso che il 60% del campione di agricoltori interpellato non sa cosa sia l'agricoltura rigenerativa.
"Oggi abbiamo presentato in anteprima il primo grande sondaggio sull'agricoltura rigenerativa, in particolare su come questo settore viene percepito e viene implementato dai diversi stakeholders: bisogna capire come arrivare a un approccio in modo sostenibile per tutti". Così Matteo Vanotti, ceo e co-founder di xFarm, ha commentato la prima survey sull'agricoltura rigenerativa in Italia presentata a Milano nell'Agri Data Green Summit organizzato da xFarm Technologies (vedi articolo EFA News).
Lo studio, realizzato da dss+ e xFarm e intitolato "Agricoltura italiana in evoluzione: il ruolo chiave degli agricoltori", è stato illustrato da Matteo Peyron, Sustainability Manager di dss+.
"La premessa - ha spiegato Peyron - è che negli obiettivi della decarbonizzazione vengono fissati target di riduzione (tipicamente quelli per es. del sistema Sbti) sugli Scopi 1,2 e 3. Ma proprio sullo Scopo 3, che riguarda la catena di fornitura, nascono le prime criticità. Gli attori che popolano la catena di fornitura agroalimentare sono decine di migliaia, possono essere molto piccoli (soprattutto in Italia dove l’azienda di famiglia è un modello abbastanza diffuso), e hanno maturità, sensibilità e prontezza al cambiamento molto disomogenee. Tutto questo complica una situazione già oggettivamente difficile: qualsiasi innovazione nel mondo agricolo deve fare i conti con la natura (“quando piove cambia tutto”) e con il tempo ("i benefici si vedono dopo anni"). La via è quindi quella dell’ingaggio degli operatori comprendendo chiaramente quali siano i punti di loro interesse e lavorando insieme per gestire le criticità e rompere gli eventuali colli di bottiglia", ha precisato.
Alla survey hanno partecipato oltre 1.000 aziende agricole italiane, che hanno risposto a un questionario, le cui conclusioni più interessanti sono state sintetizzate da Peyron.
Un primo aspetto riguarda la predisposizione al cambiamento: quasi la totalità delle persone (90%) afferma di essere interessata ad introdurre pratiche più sostenibili nella gestione dell’azienda anche se il 30% afferma di non avere sufficienti strumenti per farlo.
Altro punto. Molto spesso le aziende agricole sono a conduzione familiare, cosa che rende rilevante il tema della successione aziendale: il 55% del campione ha affermato di non averla ancora individuata, ma questo aspetto non è percepito come un fattore di rischio (2%). Proprio riguardo i principali rischi per l’azienda, quello climatico è invece percepito come rilevante per oltre il 30% del campione ed è quasi pari a quello degli aumenti dei costi, ma superiore alle oscillazioni del mercato.
Un’altra sezione della survey riguarda quali siano gli elementi ritenuti un limite alla transizione verso pratiche più sostenibili. Se il fatto che quasi la metà veda come rilevante il rischio di perdere redditività non rappresenta una novità, molto interessante è invece il fatto che il 25% del campione riferisca una carenza di competenze, mentre il 10% la difficoltà a coinvolgere i contoterzisti. Relativamente al tema economico, accanto alla gestione operativa, oltre il 30% osserva la carenza di capitale (finanziamenti o investimenti) per innescare il processo.
L’aspetto formativo emerge anche da alcune domande più strettamente legate alle conoscenze. Tra gli esempi più rappresentativi il fatto che solo il 34% conosce il livello minimo di sostanza organica sotto il quale il suolo viene considerato degradato, mentre il 60% non sa cosa sia l’agricoltura rigenerativa.
Dalla survey sono emersi chiaramente due aspetti: esiste una buona correlazione tra redditività attesa e volontà di applicare la pratica; non sempre le pratiche più performanti da un punto di vista ambientale vengono percepite come più redditizie: esempi di questo sono l’agroforestazione o il no tillage.
"In definitiva - ha spiegato Peyron - ’approccio top down può funzionare quando si vogliono imporre delle regole, ma non è sufficiente se l’obiettivo è il miglioramento culturale che rende sostenibile (durevole) il cambiamento. Per raggiungere questo obiettivo è necessario un approccio empatico che metta al centro i temi ed il linguaggio di chi si vuole ingaggiare, in questo caso gli agricoltori".
(fine)
EFA News - European Food Agency