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CLARA MOSCHINI

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"Il silenzio parla": Coop contribuisce al podcast contro la violenza sulle donne

Sei storie vere raccontate da un punto di vista maschile, ascoltabili dal QR sui prodotti a marchio

Combattere la violenza sulle donne, non vuol dire colpevolizzare il genere maschile: tutt'altro. La maggioranza degli uomini, lungi dall'essere parte del problema, deve essere "parte della soluzione". Con questo spirito, Coop ha rinnovato la sua adesione a sostegno di Differenza Donna, che gestisce il numero 1522, per l'iniziativa "Il silenzio parla" (leggi notizia EFA News).

In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, Coop e Differenza Donna hanno riproposto il podcast che, in forma anonima, racconta sei storie di oppressione e di redenzione. Alcune storie sono a lieto fine, altre no, tutte, comunque, sono cariche di un messaggio di speranza.

Inquadrando il QR code posizionato su un gran numero di confezioni dei prodotti Coop, è possibile ascoltare i nuovi podcast, che ricostruiscono un punto di vista maschile su vicende di violenza sulle donne. Un punto di vista ricorrente è quello dei figli, anch'essi vittime assieme alle madri. Come Marco, che la sua mamma l'ha persa sotto i colpi implacabili di un padre letteralmente accecato da una follia possessiva, morbosa e assassina.

Marco ha vissuto anni nel senso di colpa per non essere riuscito in qualche modo a salvare sua madre. Un destino crudele e inspiegabile quello della trasformazione di suo padre, che lui stesso, da bambino, percepiva come un uomo buono, carico di umanità: "Lavorava duramente, rideva a tavola, mi portava al parco la domenica", ricorda Marco.

Poi, improvvisamente, quell'uomo così apparentemente normale, inizia a cambiare: svanisce il suo sorriso, rimpiazzato da urla sempre più frequenti, assurde ed angoscianti. La mamma di Marco "tentava di difendersi e nascondere le ferite ma aveva paura". Poi, quell'escalation di violenza che "ti avvolge lentamente, ti toglie la lucidità".

Oggi Marco vive con un rimpianto: "Se solo avessi detto qualcosa prima...". Si considera un "orfano speciale", perché, spiega, "ho visto tutto e non ho potuto fare nulla". Accanto al rimpianto c'è però un risvolto di speranza: "Non posso cambiare il passato ma posso raccontarlo", affinché storie come la sua non si ripetano.

Anche gli insegnanti possono fare tantissimo contro la violenza sulle donne. Lo sa bene Alessandro, professore di lettere in una scuola media, rimasto un giorno profondamente colpito dallo sguardo carico di angoscia di Martina, una delle sue studentesse. Le chiede: "Tutto bene?". E lei risponde: "Professore, non so se posso parlare di questa cosa, è difficile". Tirare fuori la verità, le costa una "fatica immensa" ma, alla fine, Martina trova il coraggio di raccontare al suo insegnante delle urla e delle percosse di suo padre contro sua madre che, terrorizzata, si andava a chiudere dentro la propria stanza.

"Sentivo la sua paura e la sua impotenza", ricorda Alessandro. "C'era molto di più di quegli occhi persi. Le sue parole cariche di dolore avevano fatto sentire impotente pure me. Le dissi che aveva fatto bene a parlare... ma io cosa potevo fare? Come uomo dovevo fare qualcosa". L'insegnante riesce poi a mobilitarsi per salvare la propria alunna e la sua mamma. Comprende che non è onesto lavarsene le mani e pensare che la questione "riguarda solo alcuni uomini". Il suo caso dimostra che "basta un semplice 'come stai' a fare la differenza".

Anche i padri possono fare molto per salvare le proprie figlie dalle grinfie di uomini violenti. E' capitato a Roberto, 56 anni, papà di una ragazza di 26 anni, Giulia. Il giorno in cui la figlia le presenta Simone, Roberto rimane perplesso di quel giovane: troppo serio, troppo introverso, tuttavia non intende condizionarla. "Giulia era felice e questo doveva essere superiore a ogni mio sospetto".

Col passare del tempo, però, "Giulia aveva perso il suo sorriso, il cellulare era diventato una fonte costante di ansia. Non usciva più con i suoi amici storici", poiché Simone "non voleva facesse le cose da sola". Un giorno che Giulia sta facendo shopping con i suoi genitori, Simone la chiama e lei si ritrova costretta a dirgli una bugia: "Sto andando a pranzo dai nonni". Il padre allora sceglie di affrontare la questione di petto e chiama il 1522.

"Rispettavo le sue scelte ma soffrivo nel vederla così infelice", dice Roberto. "Non sapevo se avesse fatto mai quel numero". Poi, però, dopo due settimane, una sera Giulia gli dice: "Papà, ho un appuntamento al centro (anti-violenza, ndr), mi accompagni?". Lui le risponde: "Sì, con tutto il cuore".

Dapprima Giulia ha preso consapevolezza che sta vivendo una relazione tossica, poi "a poco a poco ha trovato il coraggio di uscire da quella ragnatela. Lo scorso weekend è partita con i suoi amici dopo tre anni", racconta il padre con grande gioia e sollievo.

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