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Dieta "Veg" più salutare? Non è detto

Studio britannico mette in guardia dai cibi ultraprocessati e, implicitamente, rivaluta la carne /Allegato

La "fortuna" delle diete vegetariane o vegane è dovuta essenzialmente a due ragioni: l'animalismo o, più genericamente, a ragioni di salute. L'idea secondo la quale con l'eliminazione o la forte limitazione della carne e di altri derivati animali, l'organismo umano andrebbe a giovarne, è sempre più radicata da 30-40 anni a questa parte. Uno studio che arriva dal Regno Unito (dove pure il veganesimo è più che mai diffuso) potrebbe però ribaltare questa certezza e innescare un'inversione di tendenza.

L'indagine è stata pubblicata su eClinicalMedicine ed è stata curata dai ricercatori dell'Imperial College di Londra, in collaborazione con i colleghi dell'Università di San Paolo del Brasile e dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Il team individua in primo luogo le principali categorie inerenti le abitudini alimentari: vegani (non consumano mai cibi di origine animale), vegetariani (non consumano mai carne/pesce); pescatariani (non consumano mai carne), flexitariani (consumano pesce/carne meno di due volte a settimana), consumatori di poca carne rossa (consumano pesce/pollame più di una volta a settimana ma carne rossa/lavorata meno di due volte a settimana) e consumatori abituali di carne rossa (consumano carne rossa/lavorata più di una volta a settimana).

Fatta tale premessa, da un campione di quasi 200mila partecipanti, è emerso che il consumo di cibi ultraprocessati (Upf) è più elevato nelle diete vegane o vegetariane. Le categorie più "virtuose", ovvero quelle che tendono ad assumere meno cibi Upf risultano essere i consumatori di poca carne rossa, i flexitariano e i pescatariani.

Corollario: numerose tipologie di alimenti sostanzialmente "vegani" - dagli hamburger vegetali, agli snack, fino alle bibite gassate - sono particolarmente ricchi di grassi, additivi e conservanti, quindi accrescono il rischio di diabete di tipo 2 e di tumori.

Non basta quindi che un alimento sia vegetale per offrire garanzia di salute al consumatore. A riguardo, gli studiosi riprendono il sistema Nova per la classificazione di detti cibi in base alla lavorazione: 1) frutta e verdura al naturale; 2) frutta e verdura sottoposte a una minima processazione, con oli o farine; 3) verdure in scatola; 4) cibi ultra-processati con additivi chimici e ingredienti industriali. In considerazione soprattutto della categoria n°4, gli studiosi incoraggiano "la transizione urgentemente necessaria verso modelli alimentari più sostenibili promuovano anche il riequilibrio delle diete verso alimenti minimamente lavorati".

In allegato a questa EFA News il testo integrale dello studio dell'Imperial College di Londra.

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EFA News - European Food Agency
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