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CLARA MOSCHINI

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Economia circolare, Italia in ritardo

PoliMilano: sfruttiamo il 14% del potenziale e solo il 3% delle aziende fa il massimo (soprattutto negli imballaggi)

Nel 2024 l’economia circolare ha fatto risparmiare alle imprese italiane solo 800 milioni di Euro in più rispetto al 2023, quando l’aumento era stato di 1,2 miliardi di Euro: il risparmio totale adesso è attestato a quota 16,4 miliardi di Euro l’anno, ben lontano da 119 miliardi “teorici” a cui dovremmo aspirare. A dirlo è il Circular economy report 2024, redatto dall’Energy&Strategy della Strategy school of management del Politecnico di Milano. Dal report emerge che il campione oggi è più ampio e rappresentativo, passato da 7 a 8 macro settori, ossia: arredi, costruzioni, elettronica, impiantistica industriale, tessile, alimentare, autoveicoli, imballaggi. Questo non permette raffronti diretti con gli anni precedenti, anche se la situazione sembra in leggero peggioramento: non a caso, i risultati dicono che stiamo sfruttando solo il 14% del potenziale, con un divario ormai difficilmente colmabile da qui al 2030. 

Le aziende che hanno adottato almeno una pratica di economia circolare, infatti, si fermano al 42% (46% nelle grandi aziende), il 36% è ancora scettico e non ha in piano di farlo neanche in futuro, mentre il 22% ne avrebbe intenzione: se si scende di dimensioni, poi, le percentuali si avvicinano, fino ad arrivare alle pmi dove gli scettici (il 39% e in crescita) superano gli adottatori (37%). 

Il 31% delle imprese circolari ha sede in Lombardia e la presenza è in genere più massiccia nel Nord Italia. La strada da percorrere, dunque, è ancora lunga prima di poter parlare di un'economia "completamente circolare": secondo il report del Politecnico, in una scala da 1 a 5, il valore medio di adozione che le aziende si danno è di 2,24 e solo il 3% del campione (in larga parte nel mondo degli imballaggi) si attribuisce il massimo. Cresce, anche se solo del 5%, la taglia media degli investimenti, che restano però concentrati sotto 50.000 Euro (quasi il 50%) e con tempi di ritorno che, per il 41% delle imprese, sono inferiori ai 12 mesi.

"È purtroppo evidente come le pratiche di economia circolare non siano entrate nel core business delle imprese e si stia, invece, prendendo a riferimento la totalità del campione, in una fase ancora esplorativa delle possibili soluzioni -spiega Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy-. Al contrario, il sistema finanziario sta indirizzando sempre più i capitali verso investimenti che favoriscono questo innovativo modello economico: i green bond emessi dalle principali banche italiane hanno raggiunto quasi 8 miliardi di Euro, il 74% in più rispetto all’anno precedente. E sta crescendo anche la consulenza in ambito sostenibilità (+25%)".

"È successo un po’ come nel risparmio energetico - aggiunge Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S -: finché si trattava di fare interventi semplici e poco dispendiosi, in questo caso recuperare e valorizzare gli scarti, è andato tutto bene, ma adesso che occorre investire nella riorganizzazione dei processi industriali e delle filiere, la questione cambia. Tra le pratiche di economia circolare più diffuse spicca ancora il riciclo (60%), seguito dal progettare senza scarti (43%) e dal design orientato a una facile riparazione (48%). Tra le pratiche meno applicate si trovano invece la riparazione (8%), la 'servitizzazione', cioè il passaggio dalla vendita di un prodotto alla fornitura di servizi (22%) e la riconsegna dei prodotti (28%)".

Non tutto è perduto, però visto che ci sono anche numerose produzioni che seguono modelli di business circolari. “Noi ne abbiamo isolate 100 concentrate tra Lombardia, Piemonte e Toscana -aggiunge Chiaroni-. I settori più rappresentati sono il manifatturiero, l’automotive, il tessile e l’abbigliamento. Per quasi metà si tratta di imprese di piccole dimensioni, ma in un quinto dei casi hanno oltre 250 dipendenti e un fatturato tra 100 milioni e il miliardo, cioè sono tra quelle che costituiscono l’ossatura dei comparti industriali italiani ed è quindi importante che si approccino all’economia circolare. Purtroppo le medie imprese, che sono le più numerose, arrivano appena al 22%. Cosa fanno di speciale queste aziende virtuose? Partono dal riciclo, ma non si fermano lì: lo integrano con pratiche di riprogettazione del prodotto, che diventano quindi la vera chiave per abilitare un riciclo di successo".

Fc - 46366

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