Agroalimentare italiano cresce: vale il 19% del pil
Secondo The European house Ambrosetti il settore produce 335 miliardi di euro di valore aggiunto
La filiera estesa dell’agroalimentare italiano, che include agricoltura, distribuzione, intermediazione, distribuzione e alimentare, produce 335 miliardi di Euro di valore aggiunto, ossia il 19% del prodotto interno lordo dell’Italia. Lo rilevano i dati di The European House-Ambrosetti, secondo cui, di fatto, l’agroalimentare italiano rappresenta una vera e propria eccellenza del Made in Italy: il settore, nella sua versione allargata, ha fatturato 586,9 miliardi di Euro nel 2022, in crescita dell’8,4% rispetto al 2021, mentre in confronto al 2015 l’aumento dei ricavi ha raggiunto il 29%. La filiera ha anche un impatto considerevole sui livelli di occupazione con 3,7 milioni di addetti, inoltre soltanto nel 2022 gli investimenti hanno superato 25 miliardi di Euro.
L'agroalimentare, dunque, si rivela un comparto strategico per l’economia nazionale con un impatto sempre più elevato sul pil, e ampi margini di miglioramento per quanto riguarda la produttività.
Secondo Teha, il successo è dovuto soprattutto alla qualità dei prodotti, come dimostra anche il fatto che l’Italia è il primo paese al mondo per numero di prodotti certificati: sono complessivamente 890 di cui 326 del comparto alimentare.
Un ruolo chiave nel successo dell’agroalimentare made in Italy è ricoperto dalle attività di logistica e trasporto, fondamentali per il corretto funzionamento della filiera e il mantenimento di standard elevati di sicurezza e competitività. La supply chain agroalimentare, infatti, richiede la gestione di una serie di processi determinanti per l’efficienza dell’intero settore, tra cui l’approvvigionamento di materie prime, il controllo delle scorte, il magazzinaggio, la movimentazione della merce, l’imballaggio e il trasporto dei prodotti agroalimentari verso i punti vendita e i centri distributivi. Si tratta, sottolinea The European house-Ambrosetti, di operazioni particolarmente complesse, soprattutto quando bisogna gestire alimenti deperibili, ossia tutta quella merce che va mantenuta rispettando la catena del freddo, per evitare l’alterazione delle proprietà organolettiche o la contaminazione da parte di microrganismi patogeni. Nello specifico, è necessario mantenere all’interno di determinati range di temperatura i prodotti freschi (2°C/4°C), quelli termosensibili (8°C/20°C) e i surgelati (fino a – 25°C): per farlo, è possibile affidare i servizi di logistica e trasporto a temperatura controllata a realtà specializzate.
Un altro aspetto fondamentale per una supply chain agroalimentare efficiente è l’innovazione, ovvero la capacità di guardare sempre al futuro e investire nel miglioramento continuo dei processi logistici e di trasporto. Nel campo agroalimentare l’innovazione può consentire, per esempio, di migliorare le condizioni di lavoro, le performance operative o l’efficienza energetica, ma richiede investimenti mirati e competenze adeguate, oltre allo sviluppo di una cultura dell’innovazione in azienda.
C’è poi la necessità di favorire una supply chain agroalimentare più sostenibile, per allinearsi alle nuove esigenze dei consumatori e agli obiettivi stabiliti dalle istituzioni nazionali ed europee. Per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e le risorse necessarie per la produzione e la distribuzione dei prodotti sul mercato è possibile adottare soluzioni efficaci per il risparmio energetico, per esempio migliorando l’efficienza energetica degli edifici e dei magazzini per lo stoccaggio della merce, sostituire i mezzi di trasporto convenzionali con modelli più ecologici e utilizzare le energie rinnovabili nei processi di logistica e trasporto dei prodotti agroalimentari.
EFA News - European Food Agency