Italiani pessimisti sul 2025: 6 su 10 temono i rincari
AreaStudi Legacoop-Ipsos, report FragilItalia: 2 italiani su 3 non prevedono miglioramenti, 4 su 10 vedono la recessione
Gli italiani, soprattutto quelli appartenenti al ceto popolare, sembrano poco ottimisti sulle prospettive del nostro Paese. È questo il sentiment del report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, presentato oggi ed elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione, per testarne le opinioni sul tema a due giorni dall'inizio del nuovo anno. Ebbene, secondo il report, 2 italiani su 3, pari al 61% (che sale all’80% nel ceto popolare) non si aspettano alcun miglioramento della situazione complessiva dell’Italia, in parallelo con le aspettative di segno negativo sull’evoluzione dello scenario economico. Quattro italiani su 10, pari al 42% (che sale al 59% nel ceto popolare) prevedono una fase di recessione e il 34% prevede una fase di stagnazione: 6 su 10, ossia il 63% degli italiani (che sale al 70% nel ceto popolare) si aspettano un aumento del costo della vita.
Di segno negativo anche le aspettative per alcuni aspetti di fondo del contesto generale: al primo posto svetta l’86% degli italiani secondo cui si confermano o addirittura peggiorano i tassi di violenza nella società, seguito dall’84% che indica le guerre in corso, dall’82% con i cambiamenti climatici e dall’81% con le disuguaglianze sociali.
Va un po’ meglio per la situazione familiare, dove, insieme con la forte crescita di chi la prevede “altalenante” con alti e bassi (il 61% rispetto al 41% di un anno fa) e la diminuzione di 10 punti di chi prevede un anno di crisi (l’8%, ma con un dato che sale al 26% nel ceto popolare), si delineano aspettative di segno positivo per l’andamento delle relazioni familiari (83%), l’amore, gli affetti e le relazioni con gli amici (80%), la salute (77%), il lavoro (63%).
“Dopo la chiusura del ciclo post pandemico -commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop- l’anno che inizia inaugurerà una nuova fase. Questo triennio ha costituito una congiuntura eccezionale e, nonostante tutte le difficoltà che si sono manifestate, il nostro Paese ha mostrato una capacità di reazione e una forza costruttiva come non si vedeva da decenni. Nelle opinioni degli italiani leggiamo timori, incertezza e paure per le discontinuità radicali che riguardano il mondo del lavoro, la società, le istituzioni, la politica, l’economia, la quotidianità di ciascuno. A queste si aggiungono le guerre, che ci obbligano a richiamare il valore universale della pace, che è pure precondizione per costruire una società del benessere. Da tutto ciò deriva una ricerca di protezione nel nostro contesto famigliare. Il nuovo anno si annuncia sotto molti aspetti minaccioso: anche per questo è doveroso creare politiche di lungo respiro che mettano al centro lo sviluppo dell’economia sociale, per porre il nostro Paese nelle condizioni di continuare a valorizzare le proprie risorse, che ha mostrato di sapere usare con incredibile forza collettiva e solidale”.
La situazione famigliare
Il “tono” più positivo sulla situazione famigliare rispetto alle percezioni relative al contesto generale trova una conferma nel fatto che 2 intervistati su 3 (il 63%) dichiarano di non essere preoccupati per la situazione economica della propria famiglia e che il 70% pensa di mantenere la stessa posizione lavorativa e la stessa retribuzione, mentre il 28% pensa che sarà costretto a svolgere lavori precari.
Anche sotto questo aspetto sono comunque rilevanti le differenze in base alla collocazione sociale: infatti, il 76% degli appartenenti al ceto popolare è preoccupato per l’evoluzione della situazione economica della propria famiglia e il 48% contempla la possibilità di dover svolgere lavori precari.
I nemici del futuro
Interessante il dato relativo alla classifica delle preoccupazioni per il futuro, dei fattori che possono essere definiti come “nemici del futuro”: al primo posto ci sono le guerre (60%), seguite dai cambiamenti climatici (55%), da un’eccessiva ricchezza concentrata in poche mani (36%; 44% nel ceto popolare) e dall’inflazione (32%; 38% nel ceto popolare). Largamente coerenti con i valori registrati dall’indicazione degli aspetti problematici, quelli relativi alle parole considerate più importanti per il futuro: pace (41%), sicurezza (39%), giustizia sociale (38%), democrazia (35%), uguaglianza e stabilità (entrambe al 33%).
Completano i risultati, le indicazioni relative agli aspetti problematici che segnano il contesto sociale attuale e suscettibili di produrre criticità anche in futuro: al primo posto si collocano di nuovo le guerre (42%), seguite dalla perdita di potere d’acquisto delle famiglie (39%, 46% nel ceto popolare), dalla mancanza di prospettive per i giovani e di stabilità nel lavoro (27%), dall’individualismo egoistico (26%).
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