Dazi: il Canada toglie dagli scaffali i liquori Usa
Tredici province dichiarano la guerra agli Stati Uniti: nei negozi i cartelli "comprate canadese"

Il Canada risponde con la "guerra dell'alcol" alla guerra dei dazi imposta dal presidente Usa Donald Trump. Molte delle tredici province canadesi, dall'Ontario al Quebec, si sono mese d'accordo per togliere dal commercio migliaia di bottiglie di importazione Usa, colpendo gli Stati Uniti nel loro punto debole, quello del business (in questo caso degli spirit e liquori). “Questo -ha spiegato il premier dell’Ontario Doug Ford- è un enorme colpo per i produttori americani”. Anche Quebec, Manitoba e British Columbia si sono unite alle iniziative con l’obiettivo di colpire gli Stati guidati dai repubblicani, tra i maggiori esportatori di alcol in Canada.
La mossa è rivolta agli Stati repubblicani. “Abbiamo preso di mira gli Stati rossi perché, francamente, a Donald Trump non interessano gli Stati democratici -ha dichiarato ai giornalisti il ministro dell'edilizia della British Columbia, Ravi Kahlon-. Vogliamo essere sicuri di non punire Stati che non hanno nulla a che fare con questo”.
In Ontario, la provincia più popolosa del Canada, il Liquor Control Board of Ontario (LCBO) ha dichiarato in un comunicato che "sospende le vendite di prodotti statunitensi in risposta ai dazi americani sulle merci canadesi". Più precisamente la nota riporta quanto segue: "nell'ambito della strategia di risposta dell'Ontario ai dazi statunitensi, il governo dell'Ontario ha ordinato a LCBO di adottare misure operative per attuare restrizioni su tutte le vendite di bevande alcoliche statunitensi e sulle relative importazioni in Ontario, con effetto immediato. LCBO ha cessato l'acquisto di tutti i prodotti statunitensi, i clienti al dettaglio non sono più in grado di acquistare prodotti statunitensi su lcbo.com e sull'app LCBO, e i clienti all'ingrosso, tra cui negozi di alimentari e minimarket, bar, ristoranti e altri rivenditori, non sono più in grado di effettuare ordini di prodotti statunitensi online.
Inoltre, gli alcolici, il vino, il sidro, la birra, le bevande fresche pronte da bere e i prodotti analcolici prodotti negli Stati Uniti non saranno più disponibili nei nostri negozi al dettaglio o negli LCBO Convenience Outlets. I nostri team in negozio possono aiutare i clienti a trovare prodotti alternativi dalla nostra vasta selezione di prodotti provenienti dall'Ontario, dal Canada e da tutto il mondo".
LCBO è l'importatore di riferimento per tutti i prodotti alcolici statunitensi in Ontario, con un fatturato annuo di 965 milioni di dollari: attualmente, spiega la nota, "sono presenti più di 3.600 prodotti provenienti da 35 stati americani. I prodotti statunitensi non saranno acquistati da LCBO fino a quando quest'ultimo non sarà in grado di riprendere la sua normale attività".
Purtroppo, come sottolineano gli addetti ai lavori, individuare i marchi canadesi da promuovere è più difficile di quanto non sembri. “Quasi tutte le birre, comprese Budweiser e Coors, rimarranno sugli scaffali. Sono imbottigliate e prodotte qui in Canada. E la Molson Canadian si è fusa con l'americana Coors nel 2005”, spiega il direttore di un negozio di liquori. Per dire, con questa impostazione, l'unica birra consentita rimarrebbe un marchio delle Hawaii in piccole quantità e una birra senza glutine. Spariranno invece dagli scaffali file di vini californiani e i bourbon più popolari.
Intanto si moltiplicano le iniziative, anche quelle più "pittoresche" contro gli Stati Uniti. Nei negozi di Vancouver, una dopo l'altra, le bottiglie di bourbon del Kentucky sono state tolte dagli scaffali dei rivenditori di liquori: al loro posto, compaiono grandi cartelli con su scritto "Buy Canadian instead", ossia in pratica “Comprate il canadese”. I cappelli con lo slogan “Il Canada non è in vendita” sono diventati un fenomeno virale, con decine di migliaia di esemplari venduti. Sui social media si è iniziato a usare il termine “Vichy Canadians” per indicare i commentatori che sembravano simpatizzare con le richieste del presidente statunitense. Altri hanno condiviso un editoriale del quotidiano americano Wall Street Journal che descriveva la disputa come la “guerra commerciale più stupida della storia”.
I primi ministri del Canada hanno deciso di ridurre le barriere commerciali interprovinciali nella speranza di rafforzare l'economia nazionale.
“Tutti i Primi Ministri hanno convenuto che è giunto il momento di intraprendere azioni significative per liberalizzare e sostenere ulteriormente il mercato canadese, in modo che beni, servizi e lavoratori possano circolare liberamente”, si legge in una dichiarazione dell'Ufficio del Primo Ministro (PMO).
“I primi ministri hanno concordato che i professionisti certificati con credenziali in una giurisdizione dovrebbero essere in grado di lavorare ovunque in Canada”, prosegue la dichiarazione.
I governi federali e provinciali hanno incaricato il Comitato per il Commercio Interno di lavorare con il Forum dei Ministri del Mercato del Lavoro per fornire un piano di riconoscimento delle credenziali a livello canadese entro il 1° giugno.
EFA News - European Food Agency