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Dazi. Uiv: rischio per 98% cantine italiane

Frescobaldi: "Qualità-prezzo valore aggiunto per vino tricolore, agire su più livelli"

Il danno per il vino italiano con l’ipotesi dazi al 25% potrebbe essere di circa 470 milioni di euro solo per gli effetti diretti della domanda Usa, senza contare quelli indiretti sull’export globale che spostano il conto a quasi 1 miliardo di euro. Unione italiana vini (Uiv) ribadisce le preoccupazioni in un’analisi del suo Osservatorio sugli impatti delle nuove tariffe annunciate dall’amministrazione Trump per l’agricoltura europea, e ritiene pericoloso l’assunto che i nostri vini - in quanto “italiani e di lusso” - non corrano rischi di ridimensionamento da parte della domanda a stelle e strisce.

Secondo Uiv, almeno l’80% del vino italiano rischia infatti un vero e proprio salto nel buio: è quello che costituisce l’ossatura delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti e che cuba ben 2,9 milioni di ettolitri (su un totale di 3,6 milioni). Quasi 350 milioni di bottiglie di vino tricolore che sono concentrate nelle fasce “popular”, equivalenti a un prezzo franco cantina di 4,18 euro/litro e che al dettaglio si trasformano in media - dopo trasporto, dazi, ricarichi alla distribuzione - in una fascia di prezzo che non supera i 13 dollari la bottiglia. Su un’altra dimensione viaggiano i vini luxury, che riguardano però una quota del 2% sul totale export a volume (8% del valore) e che possono tutto sommato essere meno soggetti a riduzioni di acquisto.

Per il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi, “il vino italiano negli Usa, che vale circa 2 miliardi di euro con una quota del 24% sul totale mondo delle nostre spedizioni, è composto da prodotti fortemente identitari che unitamente a un vincente rapporto qualità-prezzo hanno contribuito al successo del made in Italy enologico. La spina dorsale - al netto dei vini bandiera - è questa e rappresenta primariamente un posizionamento di fascia media, con possibili fluttuazioni di prezzo dettate dai dazi che espongono l’offerta a possibili migrazioni della domanda. Secondo Uiv – ha aggiunto Frescobaldi – è molto importante poter agire con un ‘piano di contingenza’ basato su 3 livelli: il primo, negoziale, volto a non inserire il vino nelle reciproche liste di prodotti soggetti a barriere commerciali; il secondo, comunitario, che metta a punto misure compensatorie e di promozione; il terzo è nazionale e dovrà inevitabilmente affrontare il tema del contenimento produttivo”.

Secondo l’Osservatorio Uiv, i dati ufficiali dicono che la media di prezzo export verso gli Usa è di 5,35 euro per litro per il vino italiano, solo il 30% dei “popular” è tutto sommato allineato (5,26 euro), mentre oltre la metà è ben sotto soglia (3,53 euro). Tariffe supplementari del 25%, non gestite in equità tra le controparti, finirebbero per sbalzare questi vini sulla fascia immediatamente superiore, la “premium”. In pratica il grosso delle produzioni tricolori: dal Pinot grigio al Prosecco, dal Chianti al Lambrusco, dal Moscato d’Asti ai vini siciliani, a quelli della stragrande maggioranza delle regioni italiane. Il segmento premium che oggi vale il 17% volume del totale export (con prezzo medio franco cantina di 8,80 euro/litro e price point al dettaglio variabile da 13 fino a 30 dollari la bottiglia), non sarebbe ovviamente in grado di assorbire travasi “epocali” di referenze provenienti dal basso.

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EFA News - European Food Agency
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