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CLARA MOSCHINI

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Fileni sponsor degli Azzurri del pallone: operazione pulizia?

La nazionale di calcio in soccorso del marchio al centro delle polemiche per i suoi allevamenti

"Fileni scende in campo al fianco delle Nazionali italiane di calcio come official partner". Qualcuno, probabilmente, strabuzzerà gli occhi, eppure questo è il titolo (e l'incipit) del comunicato stampa in cui viene confermato che l'azienda marchigiana nel settore delle carni avicole ha sottoscritto con la Figc, la Federazione italiana gioco calcio, un accordo quadriennale con cui diventa il fornitore ufficiale di carni delle nazionali italiane. 

"Alla luce del ruolo rilevante che le carni bianche rivestono nella dieta sportiva -riporta il comunicato- i prodotti Fileni saranno presenti nello scrupoloso piano alimentare e nutrizionale degli Azzurri e delle Azzurre: tale elemento -prosegue la nota- sottolinea l’impegno del gruppo alimentare nel confermarsi quale presidio di qualità per un’alimentazione sana e bilanciata, frutto di un legame forte con il territorio garantito da una produzione al 100% made in Italy".

Perché è stata scelta proprio Fileni? Ce lo chiediamo perché l'azienda marchigiana, lo ricordiamo, è finita nella bufera (per non dire di peggio) a gennaio sacorso in seguito al servizio mandato in onda da Report su Rai 3 che l'accusava di violare le norme sul bio e di maltrattare i suoi polli. Più d'uno, adesso, riferendosi alla sponsorizzazione della nazionale di calcio, parla di "operazione pulizia": un modo, insomma, per riguadagnare la fiducia di autorità e consumatori. Perché si sa: quando si parla di calcio, in Italia, tutto va bene madama la marchesa.

Eppure non è così semplice. Fileni si è attirata ormai gli strali di tanti, addirittura di un'intera comunità, quella dell'alta Valmarecchia, dalle parti di Rimini, dove l'azienda marchigiana continua a voler investire. La comunità della zona si è schierata apertamente contro il progetto della Società agricola biologica Fileni di ripristinare un vecchio allevamento in zona Cavallara, tra i comuni di Maiolo, Novafeltria, San Leo e Talamello, in Alta Valmarecchia (nella Provincia di Rimini). Un progetto industriale che prevede 16 nuovi capannoni capaci di contenere dai 500mila agli 800 mila polli all’anno (a pieno regime). In questo caso, con questo progetto, Fileni ha avuto un merito: quello di mettere tutti d'accordo contro la sua iniziativa industriale. 

No del Comitato per la Valmarecchia

Il Comitato "Per la Valmarecchia" ha lanciato una petizione sulla piattaforma change.org, chiedendo al governatore Stefano Bonaccini e alla Regione Emilia-Romagna “di attivarsi per fermare i cantieri in corso, prima che sia troppo tardi”. I tempi per fermare il nuovo maxi allevamento di polli con ricorsi amministrativi "sono scaduti", ma il comitato è pronto a dare battaglia legale. "Non ci resta -dicono- che esplorare altre forme di denuncia, anche di carattere penale". 

Nel frattempo, a fine marzo, è scattata anche una petizione on line, da indirizzare al presidente della Regione Bonaccini: in pochi giorni ha raccolto quasi 50mila firme, più del doppio degli abitanti dell’alta Valmarecchia. Il numero di firme così elevato, secondo il comitato, testimonia come la battaglia non sia solo locale, ma nazionale. "In Italia -dicono ancora- non c’è bisogno di creare nuovi allevamenti avicoli intensivi. Il fabbisogno è più che mai soddisfatto".

No da Futuro Verde

Anche l'associazione riminese Futuro Verde si è schierata contro il nuovo allevamento Fileni. Oltre a evidenziare il forte impatto dei capannoni sul paesaggio, le preoccupazioni per il traffico di camion al servizio dell'allevamento, per l'aumento di gas e polveri sottili prodotti e in generale per le emissioni dello stabilimento, l'associazione punta il dito sulle possibili conseguenze idriche, tema quanto mai attuale in questo momento di siccità destinato a durare anche in futuro. Due i pozzi che saranno utilizzati dall'allevamento: uno pre-esistente e il secondo da scavare e realizzare. "Le stime -dicono dall'associazione- parlano di 11.280 metri cubi di acqua per l'allevamento biologico e 24.060 metri cubi per quello convenzionale. Praticamente tutti dai pozzi, quindi dalle falde acquifere, in una situazione dove l'acqua è già un bene scarso e prezioso, anche e soprattutto lungo il Marecchia". 

No da Terra! Onlus

Si schiera contro anche l’associazione Terra! Onlus secondo cui quello dell'azienda marchigiana è “un progetto fuori dal tempo, che va in senso opposto rispetto all’urgenza di ridurre la produzione e il consumo di carne in Italia e in tutto il mondo”. La Lega Antivivisezione sottolinea l’urgenza “di ripensare totalmente questo modello alimentare, crudele con gli animali ed ingiusto verso ambiente e persone”.

No dal Comune di Novafeltria (Rimini)

Addirittura un Comune, ossia Novafeltria è il primo (e per ora unico) che in Valmarecchia ha approvato all’unanimità un ordine del giorno per ribadire la contrarietà all’allevamento di polli, indicando pure le vie legali da seguire. Contro anche Confesercenti e Confcommercio. 

No da Confcommercio e Confesercenti

"Fileni nell’assordante silenzio degli Amministratori locali ha iniziato i lavori per la realizzazione in località Cavallara di Maiolo di 16 stabilimenti (capannoni) destinati all’allevamento intensivo dei polli -ha detto senza tanti giri di parole Amerigo Varotti, direttore generale Confcommercio Pesaro e Urbino/Marche Nord-. Un ecomostro vergognoso la cui realizzazione va fermata ad ogni costo". Un ecomostro lo definisce anche Confesercenti Pesaro Urbino, "con un impatto letale su tutto il territorio, non solo l'Alta Valle che metterà a rischio la sostenibilità ambientale, l’offerta turistica, l’economia locale, la vita dei cittadini che, ingiustamente, sono stati informati dell’operazione soltanto a lavori già iniziati". 

Sì da Cia-Cia-Agricoltori italiani Romagna e Confagricoltura

Uniche voci a favore, o meglio in questo caso voci "contro i contro", sono quelle di Cia-Agricoltori italiani Romagna e Confagricoltura, che dicono sì al nuovo allevamento in località Cavallara a Maiolo. “Ci sembra che chi si oppone al progetto voglia mettere freni a un'attività economica basandosi esclusivamente su preconcetti, e non su criteri razionali -spiegano in una nota-. Il nuovo allevamento avicolo biologico ha avuto tutte le autorizzazioni necessarie dagli enti competenti. Lo stesso sito fino al 2009 ospitava un insediamento zootecnico di ben altro impatto urbanistico e con capacità produttive decisamente maggiori, fino a 3 milioni di capi all'anno. Ora quel sito abbandonato e degradato potrà essere riqualificato”.

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