Cibo sintetico: lo studio che potrebbe spazzare via il falso mito
La "carne" coltivata in laboratorio inquinerebbe 25 volte di più di quella vera /Allegato
Lo affermano i ricercatori dell'università californiana di Berkeley
Proprio nei giorni in cui l'Europa avvia una valutazione scientifica riguardo al cibo sintetico (leggi notizia EFA News), da oltreoceano arriva uno studio che rischia di gelare le speranze dei sostenitori dei nuovi modelli alimentari. L'oggetto del contendere riguarda le emissioni generate dalla produzione della carne e a sparigliare le carte in tavola è uno dei più prestigiosi atenei stelle e strisce.
La ricerca che potrebbe mettere in discussione l'avanzata del cibo artificiale proviene dall'Università di Berkeley (California) e afferma che, in realtà, la "carne" coltivata in laboratorio inquinerebbe addirittura 25 volte più della carne propriamente detta. La responsabilità di tale esito - affermano i ricercatori - sarebbe da addebitarsi agli altissimi costi energetici e al consumo esponenziale di risorse idriche.
La produzione di cibi sintetici a base di proteine, sovente ammantata di ragioni etico-ecologiche, nasconderebbe, in realtà, ambizioni imprenditoriali e ingenti tornaconti economici: gli investimenti in questo campo - portati avanti in modo particolare negli Usa, in Israele, nel Regno Unito, in Olanda e in Danimarca - ammontano infatti a 2 miliardi di dollari e si prevede che, mantenendo questi ritmi, i prodotti a base di "carne" artificiale andranno a coprire il 60-70% della carne complessiva.
"I risultati indicano che l'impatto ambientale della produzione di Acbm ["animal cell-based meat", carne a base di cellule animali, ndr] a breve termine sarà probabilmente di ordini di grandezza superiore alla produzione media di carne bovina se per la produzione di Acbm viene utilizzato un mezzo di crescita altamente raffinato", si legge nell'indagine.
Il vero cuore del problema è comunque la presenza e la rimozione di endotossine nel processo di crescita. Il metodo di riduzione o eliminazione delle endotossine dipende fortemente dalle proprietà della sostanza che viene purificata, ma l'uso di questi metodi di raffinazione contribuisce in modo determinante ai costi economici e ambientali associati ai prodotti farmaceutici.
Quindi, in ragione dell'uso continuato di substrati di coltivazione altamente raffinati, si stima che ogni chilogrammo di Acbm produca da 246 a 1.508 kg di emissioni di anidride carbonica. Da qui la conclusione che la carne coltivata in laboratorio andrebbe a contribuire al riscaldamento globale da 4 a 25 volte in più rispetto alle carni naturali.
Gran parte dell'impatto ambientale, sarebbe determinato dalla necessità dell'uso di combustibili fossili associato alla purificazione dei componenti del mezzo di crescita, in questo caso da 3 a 17 volte superiore alla carne di manzo.
In allegato a questa EFA News il testo integrale dello studio dell'Università di Berkeley.
EFA News - European Food Agency