Montepulciano, lite continua
Il Consorzio vini piceni risponde a quello abruzzese: il nome di un vitigno non è proprietà privata
È inutile: non saremo mai come i francesi. Facciamocene una ragione. Loro, di fronte a una questione "vitale" come il vino fanno fronte comune: un sol uomo sotto le insegne della Champagne (o del Bordeaux, o del Borgogna). Noi, stretti ancora intorno ai nostri campanili, riusciamo a litigare anche fra confinanti, anche fra cugini (quando non fratelli). È il caso della querelle sul Montepulciano che sta facendo discutere da giorni le zone confinanti di Piceno e Abruzzo. Pomo della discordia è l’utilizzo del termine sull’etichettatura (vedi EFA News).
Qualche settimana fa, nel decreto ministeriale, ancora in attesa di approvazione, un nuovo comma cosiddetto “salva Montepulciano d’Abruzzo” vieta, di fatto, l’uso del nome di un vitigno laddove le uve sono prodotte nello stesso areale in cui una Doc o Docg porta il nome del medesimo vitigno. C’è stata una grande sollevazione da parte del settore e tutto è stato rimandato al prossimo autunno, quando si riunirà la Conferenza Stato Regioni (vedi EFA News). Dall’altra parte del Tronto si rivendica l’esclusiva del nome del vitigno.
Il Consorzio di tutela del Montepulciano d’Abruzzo chiede il reinserimento nel registro nazionale del sinonimo “Cordisco” per il vitigno Montepulciano. A stretto giro ecco la replica del Consorzio vini piceni. "Sorprende -sottolinea il presidente Giorgio Savini- la nuova posizione del Consorzio abruzzese, soprattutto perché campeggia nelle pagine di stampa in un periodo estivo e non discussa nelle sedi opportune. Tutti ricordano che la modifica fu proposta anche da un parlamentare del Piceno, giustamente, per dare la possibilità ai produttori delle nostre Denominazioni di origine, in particolare nel Rosso Piceno dop, il rosso più diffuso delle Marche, e nell’Offida Rosso docg, tutelati da questo Consorzio, di far conoscere realmente la composizione ampelografia delle nostre Doc".
"Riteniamo paradossale -aggiunge Savini- che all’atto della descrizione dei vitigni che sono alla base dei nostri disciplinari, dove il Montepulciano può arrivare fino all’85%, dovremmo glissare come generico vitigno a bacca rossa. Tra l’altro la norma ammetterebbe solo una descrizione generica, in maniera discorsiva e senza evidenziazioni di carattere e non campeggerebbe di fianco al nome della denominazione. Quindi la possibilità di ravvisare concorrenze o confusione è praticamente azzerata ed il tentativo dell’utilizzo del sinonimo Cordisco, di cui non si rileva traccia nei nostri disciplinari, alimentando in questo caso solo confusione, appare solo un mortificante palliativo".
Poi arriva la stoccata finale. "Il nome di un vitigno non può essere considerato proprietà privata da alcuno, né tantomeno da un Consorzio di tutela -tuona Savini-. Giova ricordare che anche questo Consorzio avrebbe auspicato limitare l’utilizzo di Passerina e Pecorino, vitigni autoctoni originari anche del Piceno, dovendo poi accettare l’uso generale su denominazioni di altri areali".
"Il Consorzio di tutela vini piceni -prosegue il presidente- ritiene che l’utilizzo del termine Montepulciano in etichetta andrebbe solo a rendere più completa la descrizione delle nostre denominazioni coinvolte, Offida Rosso docg e Rosso Piceno dop, le cui immagini sono note per caratteristiche e peculiarità proprie, legate al territorio di origine, da cui proviene oltre il 50% della produzione vitivinicola regionale complessiva, grazie anche alla sapienza ed alla capacità imprenditoriale dei nostri produttori".
EFA News - European Food Agency