Confagricoltura critica il piano di rinaturazione del fiume Po
Intervento da 357 mln di euro che scontenta le associazioni dei pioppicoltori italiani: ricadute negative sull'agricoltura
Confagricoltura ha inviato ai ministeri competenti una nota che evidenzia le criticità rispetto al progetto di Rinaturazione del Po approvato e finanziato dal Pnrr con 357 milioni di Euro. Nella Conferenza di servizio, convocata da Aipo, l'Agenzia interregionale per il fiume Po e finalizzata all’approvazione del Progetto di fattibilità tecnico economica, le associazioni territoriali della Confederazione direttamente coinvolte nel progetto e l’Associazione pioppicoltori italiani hanno evidenziato e ribadito le ricadute negative del progetto sull’agricoltura dal punto di vista economico e ambientale.
I punti critici, secondo le associazioni, riguardano la mancanza di comunicazione, soprattutto verso le categorie economiche, i tempi strettissimi di interlocuzione attivati da fine agosto, totalmente incompatibili con la portata del progetto, e la mancanza di attente valutazioni di impatto ambientale e paesaggistico, determinanti per gli interventi previsti. “Il risultato -sottolinea Confagricoltura- è un testo blindato, che, non lasciando alcuna flessibilità alle parti coinvolte, penalizzerà interi settori della nostra economia, con conseguenti rischi per l’occupazione e gli investimenti”.
“Il progetto coinvolge quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto), caratterizzate da un’economia agricola di eccellenza -aggiunge Confagricoltura-. Avrebbe, pertanto, richiesto un coinvolgimento costante con i territori e le rappresentanze imprenditoriali per condividere soluzioni relative a interventi idraulico-morfologici, forestali e di rinaturalizzazione".
"Siamo convinti che limitare colture strategiche, come quella del pioppo, nelle aree indicate dal Programma di azione, non porterà vantaggi né sul piano della rinaturazione, né in caso di piene e alluvioni -prosegue la nota di COnfagricoltura-. Al contrario, c’è il rischio, se gli interventi non saranno ritagliati sulle esigenze dei singoli territori, di avere più insicurezza in caso di alluvioni senza, peraltro, combattere la siccità, ma sicuramente compromettendo colture ad oggi non toccate dal rischio esondazioni”.
Le proposte di Confagricoltura si articolano in una profonda revisione del progetto. i fondi dovrrebbero essere destinati a una "più efficace gestione e regimazione del fiume stesso" che possa consentire la convivenza tra ambiente e attività agricola. Secondo punto, la sospensione di tutte le procedure di esproprio e di ritiro di concessioni. La confederazione chiede, inoltre, una "valutazione ambientale e paesaggistica dell’intero progetto e dei singoli interventi e un ripensamento radicale degli interventi proposti, individuando un modello condiviso e virtuoso per la coltivazione del pioppo in aree golenali".
Secondo Fabio Boccalari, presidente dell’Associazione pioppicoltori italiani, così come attualmente è scritto il progetto, il comparto rischia di perdere oltre il 15% della superficie oggi coltivata in Italia. “Parliamo -dice Boccalari- di 7.000 ettari che non potranno più ospitare pioppi con conseguenze pesanti sull’intero settore, un’eccellenza dell’Italia agricola e industriale ampiamente riconosciuta anche a livello internazionale".
"Produrre legno, inoltre -aggiunge Boccalari-, significa sottrarre all’atmosfera parte del carbonio corresponsabile dell’effetto serra, sotto forma di anidride carbonica, stoccandolo in prodotti e manufatti. Mantenere la produzione italiana significa poi non aumentare le importazioni, evitando emissioni di CO2 determinate dai necessari trasporti”.
“Occorre affermare con determinazione che i pioppeti sono boschi dal Piemonte fino alla foce del Po -conclude il presidente della Fnp Risorse boschive di Confagricoltura, Enrico Allasia-. Sono l’unico polmone verde della Pianura Padana: i pioppi, a partire da quelli con certificazione forestale sostenibile, devono essere considerati parte integrante del progetto”.
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