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CLARA MOSCHINI

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Renegade, rum "da meditazione" in arrivo da Grenada

Il liquore rilancia l'industria della canna da zucchero nell'isola caraibica

Si chiama Renegade ed è una giovane distilleria di Grenada nata dal talento visionario del whisky guru Mark Reynier. Si distingue per il suo approccio rivoluzionario alla produzione di rum prodotto in questo stato, Grenada, di appena 100 mila abitanti che, proprio a causa delle sue dimensioni ridotte, non ha mai puntato molto sulla diffusione dei suoi rum all’estero. 

A differenza della Giamaica, di Barbados o della Martinica, conosciuti per i loro stili peculiari di rum, a Grenada sono presenti soltanto tre distillerie, oltre a quelle attive solo per consumo locale: a partire dalla storica e originalissima River Antoine, proseguendo con Clarke’s e, adesso appunto, Renegade, rum "da meditazione", sia nelle versioni pre cask che invecchiate, come spiegano gli esperti del neonato Bar Room di Roma, spin off trasteverino di The Jerrry Thomas Speakeasy, il nuovo format online frutto della collaborazione con lo storico importatore Velier (leggi EFA News).

Per la prima volta in Italia, Jane Nurse, marketing & sustainability manager di Renegade, spiega il delicato processo di reintroduzione della canna da zucchero che ha accompagnato la nascita della distilleria. “Rilanciare l'industria della canna da zucchero a Grenada su scala commerciale non è stata un'impresa da poco -sottolinea Nurse-. Inizialmente, il piano prevedeva di lavorare con gli agricoltori locali per produrre canna da zucchero, ma il team si è però presto reso conto che questo modello non avrebbe funzionato". 

"Gli agricoltori -prosegue- erano riluttanti a tornare alla coltivazione della canna da zucchero, che richiedeva troppi sforzi per raggiungere il livello richiesto dalla distilleria. Dal punto di vista culturale, la coltivazione della canna da zucchero era anche associata al trauma storico della schiavitù. Un altro problema era quello di trovare agricoltori che disponessero di terreni sufficienti e di titoli di proprietà. Alla fine è stato chiaro che dovevamo diventare noi stessi agricoltori, investendo in attrezzature e sulle persone”. 

L'isola caraibica è fortemente caratterizzata dalla varietà di terroir: altitudini, microclimi e terreni vulcanici, granulari o alluvionali. Come spiega lo stesso Mark Newton, head of Brand della distilleria, “Grenada è un mosaico entusiasmante di terroir, con una vasta gamma di luoghi in cui coltivare la canna da zucchero. All’inizio di questa avventura era un po’ come una tela bianca, abbiamo dovuto iniziare a coltivarla noi stessi, come volevamo, nei luoghi che volevamo”.

Oggi Renegade utilizza ben 14 farm diverse lungo l’intera costa, coltivando direttamente la canna da zucchero in ognuna di esse e dando lavoro a oltre 100 agricoltori locali. L'azienda segue ogni singola fase della produzione, dal raccolto alla lavorazione della canna, fino a distillazione e imbottigliamento.

Alcune delle farm sono molto vicine al mare, esposte all’oceano Atlantico e costantemente attraversate dalla brezza marina, mentre quelle più a sud sono più protette, e presentano anche un suolo ricco di ferro. Renegade ha da poco esteso le sue coltivazioni anche sul versante nord dell’isola: in totale sono oltre 105 gli ettari impegnati, con l’intenzione di arrivare ai 300 entro breve.

Storicamente Grenada è stata una colonia francese e inglese, e questo si riflette anche nella cultura di distillazione di Renegade, dove si fondono la sapienza di origine francese e quella di origine britannica. Inoltre, sulla scia dell’esperienza maturata da Mark Reynier con la sua Waterford, la filosofia produttiva adottata per questo Single malt Irish Whiskey è stata traslata senza compromessi fino a Grenada. Una filosofia riassumibile nel concetto di “from farm to bottle”.

Tre sono i pilastri della distilleria. Il primo è il modo in cui viene valorizzata la materia prima: il raccolto viene fatto a mano e tutta la materia prima viene lavorata entro 24 ore dalla raccolta. Viene utilizzato solo succo di canna fresco. Il secondo pilastro riguarda la fermentazione: sono presenti 6 diverse vasche di fermentazione, ciascuna delle quali viene riempita separatamente e poi pulita dopo l’uso, in modo tale che il processo successivo ricominci in un ambiente neutro. Una particolarità davvero unica è la forma allungata e il posizionamento orizzontale invece che verticale di questi contenitori. 

Quanto alla distillazione, oltre ai modernissimi pot e column still progettati da Forsyths, la Renegade Rum Distillery utilizza una sofisticata tecnologia per la produzione di energia rinnovabile e il fitorisanamento dei flussi di acque reflue, valorizzando il bioma circostante e assicurando che i sistemi di distillazione funzionino al ritmo dei sistemi naturali.

Una volta distillato, il rum Renegade viene solitamente diluito con acqua tra i 78 e gli 85 gradi alcolici, e poi riposa da due a sei mesi, durante i quali viene portato gradualmente al grado di imbottigliamento. 
Per il rum destinato all’invecchiamento, Renegade usa invece botti di rovere americano originario del Tennessee o del Kentucky, ma anche botti pregiate che hanno contenuto vino rosso francese, come Château Lafitte e Château Latour, oppure botti di rovere vergine colombiano e indiano. 

Altra peculiarità di Renegade è la decisione di offrire ai consumatori la piena tracciabilità di quanto trovano nel bicchiere. Tramite un codice presente su ogni bottiglia, infatti, è possibile scoprire come viene prodotto il rum, da dove viene, com’è stato invecchiato. Usando il “CaneCode” con il proprio smartphone si accede a una serie di contenuti specifici di quel preciso imbottigliamento, che ne certificano l’origine e le caratteristiche. È persino possibile ascoltare i suoni della farm.

Infine, c'è l’impegno per la sostenibilità, garantito dal lavoro di Jane Nurse. “Per ridurre l'impatto della produzione di rifiuti -spiega la manager-, Renegade Rum riutilizza il 100% della bagassa, cioè l'avanzo della canna da zucchero dopo la macinazione, come concime nelle nostre fattorie o come biocarburante per la nostra caldaia a biomassa ad alta efficienza in loco. La caldaia a biomassa genera vapore per alimentare gli alambicchi e il vapore in eccesso viene utilizzato per generare fino al 16% della domanda di elettricità del sito. Inoltre, gli scarti della distillazione finiscono in un impianto di trattamento delle acque reflue, vengono filtrati e diventano anch'essi nutrimento per la terra”.

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EFA News - European Food Agency
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