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CLARA MOSCHINI

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Additivi alimentari, gli emulsionanti sul tavolo degli imputati

Sono sette quelli accusati di aumentare il rischio di sviluppare diabete di tipo 2

Si chiamano emulsionanti e sono una famiglia di additivi alimentari ampiamente utilizzata nell’industria perché permettono di migliorare la consistenza, il colore e il gusto dei cibi processati. Di fatto, servono a miscelare liquidi come acqua e olî agendo sui loro legami polari e sono onnipresenti nei cibi ultra-processati: si trovano nel cioccolato, nei prodotti da forno, biscotti, gelati, maionese, salse, olii ecc. Ebbene, dopo essere stati messi sotto accusa per il loro potenziale rischio di contribuire a obesità, cancro e malattie cardiovascolari, una nuova analisi dello studio prospettico NutriNet Santé li mette "alla sbarra" anche come fattori in grado di aumentare il rischio di diabete di tipo 2.

A metterne in risalto la nuova tossicità è stato un recente studio pubblicato su The Lancet Diabete & Endocrinology che ha analizzato i dati di oltre 104 mila adulti arruolati dal 2009 al 2023 a cui è stato chiesto di compilare registri dietetici di 24 ore ogni 6 mesi. Scopo era valutare l’esposizione agli emulsionanti: l'1% del campione ha sviluppato diabete di tipo 2 durante il follow up di 6-8 anni.

La ricerca su The Lancet è la prima a valutare l’associazione tra emulsionanti e rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Dei 61 additivi identificati, sono sette gli emulsionanti "attenzionati", ossia quelli associati all’aumento del rischio di diabete: si tratta dell'E407 (carragenine totali); E340 (esteri di poliglicerolo di acido ricerolo); E472e (esteridi acidi grassi), E331 (citrato di sodio); E412 (gomma di guar); E414 (gommaarabica); E415 (gomma di xantano). Oltre a questi sono sotto accusa un gruppo di emulsionanti chiamato "carragenine". Gli additivi sono stati assunti nel 5% da frutta e verdure ultra lavorate (come verdure in scatola e frutta sciroppata), nel 14,7% da torte e biscotti, nel 10% da prodotti lattiero-caseari

Insomma, nonostante le autorità sanitarie li considerino sicuri e ne consentano l’uso in quantità definite sulla base di criteri di citotossicità e genotossicità, stanno emergendo sempre di più le evidenze dei loro effetti negativi sul microbiota intestinale, innescando a cascata infiammazione e alterazioni metaboliche. 

“Come diabetologi questo studio ha tre conseguenze importanti: la necessità di contenere il consumo di cibi ultra-processati, l’appello ad una maggiore attenzione alle etichette e la necessità di chiedere una regolamentazione più stringente allo scopo di proteggere i consumatori” sottolinea Angelo Avogaro, presidente Sid, la Società italiana di diabetologia-. Sebbene siano necessari ulteriori studi a lungo termine, le alterazioni del microbiota intestinale, fanno ritenere che potrebbero essere necessario rivedere gli Ada, ossia i livelli giornalieri di assunzione. Precedenti prove che legavano l’assunzione di carragenina all’infiammazione intestinale hanno portato l’Jecfa, il Comitato di esperti congiunto Fao/Oms sugli additivi alimentari, a limitarne l’uso nelle formule e negli elementi per neonati. 

"Stiamo assistendo a un preoccupante aumento del diabete di tipo 2 anche tra bambini e adolescenti” spiega Raffaella Buzzetti, presidente eletto della Società italiana di diabetologia-. Il meccanismo è: infiammazione intestinale e alterazione (disbiosi), infiammazione cronica, sindrome metabolica, segnalazione dell’insulina, diabete di tipo 2".

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