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CLARA MOSCHINI

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Indagini per caporalato nelle Langhe: due arresti

Procura di Asti: 3 presunti caporali gestivano la manodopera straniera nel cuneese

Tutto il mondo è paese e, in Italia, ogni paese, ogni città ogni posto sembra far parte di un mondo che, giusto o sbagliato, si copia quotidianamente. Lo dimostrano le storie di caporalato che, ogni giorno di più, affollano le pagine deigiornali e, per noi che scriviamo, affollano menti e taccuini con righe che non vorremmo mai scrivere. E invece, solo pochi giorni fa, persino il ministero ha reso noti una serie di dati allarmanti che attestano come il fenomeno sia radicato (leggi EFA News). 

Anche nelle Langhe, terra di vino pregiato e cultura, che però mostra di non sottrarsi neppure lei a queste logiche perverse. Lo dimostra il dossier intitolato, brutalmente ma realisticamente, Iron Rod, che tradotto suona "pugno di ferro" ma anche "comandare a bacchetta". In verità il nome dell'operazione, Iron Rod, della squadra mobile di Cuneo coordinata dalla procura di Asti, che ha portato alla luce una grave situazione di caporalato e manodopera sfruttata, fa riferimento al tondino di ferro con cui gli "schiavi della vite" venivano puniti se non sottostavano agli ordini dei padroni. "Alcuni lavoratori dopo essersi lamentati per le condizioni in cui versavano, sono stati puniti con violenti pestaggi -si legge sul sito della procura-. In un caso è stato utilizzato un tondino di ferro prelevato dal filare di sostegno di una vigna che ha dato il nome all’operazione”. 

L'inchiesta della squadra mobile di Cuneo coordinata dalla procura di Asti culminata con l’arresto di due cittadini stranieri e con il divieto temporaneo di esercitare attività professionali per un altro cittadino straniero. Si tratterebbe, secondo gli inquirenti, di tre presunti caporali che gestivano la manodopera straniera nelle campagne tra Farigliano, Neive, Castiglione Tinella e Monforte d’Alba, tutte città in provincia di Cuneo.

Quella che viene già ribattezzata come l'indagine degli "schiavi del Nebbiolo” o anche “l'inferno nel Monferrato” pare abbia scoperchiato, per ora, solo la punta dell'iceberg del caporalato piemontese: soprattutto trova nelle parole del magistrato che se ne occupa, ossia Biagio Mazzeo, procuratore capo di Asti, la drammatica descrizione che calza più a pennello per questa tragedia del lavoro. "Nel momento in cui la giornata lavorativa dura 10 o 12 ore, è evidente che siamo fuori dal perimetro della legalità”, dice Mazzeo 

“Adesso le autorità sono impegnate a investigare sul ruolo che hanno in questa vicenda aziende vinicole. “La prospettiva -sottolinea il questore di Cuneo, Carmine Rocco Grassi-, si deve spostare su chi, non preoccupandosi delle condizioni di assunzione, si affida a soggetti come questi, pensando di potersene lavare le mani”.

Fc - 42401

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