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CLARA MOSCHINI

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Intesa Sanpaolo /2. Microimprese: in Italia sono il 95% del totale

Il 34,5% di questa classe di aziende ha partecipato al miglioramento della sostenibilità ambientale

In Italia le imprese con meno di dieci addetti sono più di 4 milioni, il 95% del totale delle imprese industriali e dei servizi. Il loro peso è molto elevato anche in termini occupazionali: impiegano 7,5 milioni di addetti, il 42,3% del totale. È la classe dimensionale di maggiore rilevanza in Italia. Sono i dati illustrati da Intesa Sanpaolo, in occasione della presentazione della seconda edizione del programma CresciBusiness (leggi notizia EFA News).

Si tratta di un fenomeno soprattutto italiano: in Germania il peso delle microimprese in termini di addetti è pari al 20%; in Francia arriva al 27%. La Spagna è l’economia che si avvicina di più con il 34%, otto punti percentuali in meno rispetto all’Italia.

È buona la capacità delle microimprese italiane di creare valore, grazie a un buon posizionamento in termini di qualità e flessibilità: nel 2022 hanno registrato un fatturato pari a 901 miliardi di euro (il 21,5% del totale) e un valore aggiunto che ha sfiorato i 272 miliardi (27,2%). Si tratta di un tessuto produttivo ricco e variegato che rappresenta la spina dorsale del sistema economico e sociale italiano.

Grazie ai dati del censimento permanente è possibile avere una fotografia del posizionamento strategico delle microimprese italiane. Sono ampi i margini di miglioramento: il 32,6% di queste aziende ha realizzato attività di innovazione nel biennio 2021-2022; si scende al 29,4% quando si considera l’utilizzo di software per la gestione aziendale.

Lo stesso vale per gli impegni assunti in termini di sostenibilità: la percentuale di microimprese che hanno realizzato azioni per migliorare la sostenibilità ambientale è pari al 34,5%, con punte del 43,6% nell’industria in senso stretto. Tra le attività introdotte, spicca il trattamento dei rifiuti, compresa la raccolta differenziata (27,3%); seguono a distanza l’uso di materiali riciclati (13,7%), il monitoraggio dei consumi idrici (8,4%) e i piani di miglioramento dell’efficienza energetica (8,2%). L’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili si ferma al 4%.

Quando, invece, si considerano le azioni per migliorare la sostenibilità sociale, la percentuale è pari al 29,3%; anche in questo caso l’attivazione è maggiore nell’industria in senso stretto dove si raggiunge il 35,9%. La salute e la sicurezza dei lavoratori è la principale attività realizzata dalle microimprese (24,3%). Seguono il monitoraggio sulla sicurezza dei prodotti (14,4%), le pratiche per il benessere lavorativo (9,2%) e la collaborazione con associazioni del territorio che promuovono iniziative di carattere sociale, benefico, culturale e ricreativo (7,1%).

Un maggiore impegno sui temi della sostenibilità può tradursi in vantaggi importanti anche in termini di competitività. Tra le microimprese manifatturiere con impianti di autoproduzione di energia la quota di aziende ad alta marginalità è quasi doppia rispetto a chi non ha puntato sulle rinnovabili. Conferme vengono anche dalla prima Ricerca nazionale sulle società benefit, champion nell’Esg: tra il 2021 e il 2023 le microimprese benefit, nel confronto con aziende di pari dimensioni e simile specializzazione settoriale, hanno mostrato una maggiore crescita del fatturato (+37,7% vs +16,4%) e del valore aggiunto (+32,6% vs +17,5%) e una migliore capacità di creare occupazione, con ricadute positive sul territorio in cui sono attive.

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EFA News - European Food Agency
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